Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Quinta edizione – 2003
Mauro Righi
Risveglio
Dovrei proprio comprarmi uno di quegli stupidi cappellini da pesca, e lenze e ami e tutto l’occorrente. Sabato, tempo permettendo, potrei cominciare questo nuovo hobby e fare contento il mio psicanalista, il quale sostiene che un sano interesse aiuta a dimenticare l’alcol e le porcherie che ne derivano. Dovrei proprio comprarmelo uno di quegli stupidi cappelli, ficcarmelo in testa e sedermi davanti a qualche fiume o canale ad aspettare che i pesci abbocchino.
Ma l’unico che abbocca sono io, che ascolto tutto quello che mi dicono. E poi non mi è mai piaciuta la pesca, mi sembra uno sport troppo violento. E non ci trovo niente di interessante nello strappare quelle povere creaturine dal loro ambiente e ficcarle in padella. Non mi piace la pesca. Io avevo proposto il biliardo, ma il mio psicanalista mi ha detto che le sale biliardi sono tutte munite di bar e quindi per un alcolista non è l’hobby più indicato.
Mi ha anche detto che mi farebbe molto bene tenere un diario e scriverci sopra quello che mi accade e quello che mi passa per la testa durante il giorno.
Mi ha anche detto che il mio problema risale ad un cattivo rapporto con i genitori da ricondurre ai miei primi anni di vita. Come se non lo sapessi che tutti gli strizzacervelli prima o poi tentano di farti arrivare alla conclusione che sei triste perché da bambino, alzandoti la notte per fare pipì, hai beccato il papà e la mamma che facevano l’amore.
Mi ha anche detto che quello che non faccio adesso nella mia vita non lo farò mai più.
Mi ha detto che devo reagire e devo uscire da questo stato di apatia in cui sono cascato.
Mi ha detto un sacco di cose il mio psicanalista.
Me le ha dette tutte a settantamilalire l’ora, che è una cifra di tutto rispetto.
Mi ha anche detto che sto facendo un sacco di resistenze alla cura, che non collaboro e che così non migliorerò mai. Certo che se sapesse che oggi ho passato il pomeriggio davanti ad un negozio di articoli sportivi a guardare i cappellini da pesca certamente non sarebbe orgoglioso di me. Non sarebbe orgoglioso di me, ma le settanta carte le vorrebbe lo stesso.
A volte penso che quello che mi sta capitando è proprio quello che mi merito, non faccio altro che fare cazzate. E’ tutta la vita che faccio cazzate.
Ieri sono stato qualche ora seduto in soffitta a scrivere su una vecchia scrivania mentre fuori pioveva e alla radio trasmettevano quella musica di colore in questo paese dove la gente odia i colori. Mi sono messo lì e ho pensato che anziché tenere un diario avrei potuto scrivere ad un amico. Allora sono salito in soffitta ed ho guardato dentro il baule dei ricordi fino a che non ho trovato le foto di un po’ di amici – scusate la rima – dei tempi felici. Dei tempi in cui si girava tutta la notte e si finiva di far baldoria all’alba. In certe notti spensierate dove l’unico imperativo era divertirsi. Bei tempi. E adesso?
E adesso a casa da solo. A bere. Bere per dimenticare. No, troppo banale. Bere per bere. Perché starsene a casa da soli è proprio il massimo dell’infelicità.
E’ questo che penso. La casa vuota. Forse abitata da fantasmi o cose del genere. Scricchiolii ovunque. E la mia anima o il vecchio pavimento di parquet?
Accendo la radio e metto su il bricco del caffè tanto per riempire la casa di note e odori. Tanto per scacciare i fantasmi.
Poi mi fermo in mezzo alla stanza, annuso, ascolto e d’un tratto la casa si riempie di amici. Ce ne sono quindici, forse venti. Offro loro dello champagne o più semplicemente birra. Io per non perdere la buona tradizione mi verso del whisky e lo assaporo gelosamente dietro la finestra più bella di tutta la casa, quella che affaccia sul mare.
Un mare azzurro e una spiaggia bianca, alcune vele in lontananza e tanti gabbiani e uno strano gioco di luce. E pensare che poco prima pioveva, e la spiaggia era una tangenziale, e il mare una città grigia e il cielo era fumoso e nero ed io ero solo, mi giro per dire ai miei amici „guardate che bello venite qui con i vostri bicchieri vicino alla finestra e facciamo un brindisi“.
Mi giro e non c’ è più nessuno. Mi rigiro verso la finestra. Ha ricominciato a piovere, è ritornata la tangenziale e il cielo grigio.
Tutti gli amici se ne sono andati. Il caffè è traboccato dalla moka e si è incrostato sui fornelli. Guarda che casa mi hanno lasciato… mozziconi sul tappeto, bicchieri e bottiglie vuote dappertutto.
Begli amici. Se ne vanno sempre sul più bello. Amici. Amici un cazzo.
Però c’eravate proprio tutti. Quando tornerete a trovarmi?
Voglio vedere il vostro bicchiere svuotarsi insieme al mio. Come ai vecchi tempi. Rispondete a questa lettera. Rispondete e ditemi che mi volete bene. E sbronzatevi, offro io.