Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Quinta edizione – 2003
Secondo premio
Alberto Arletti
Marmo patrio
Un marmoreo Inno alla Patria. A sfida dei secoli, un serto di statue ad ornare la bassa cavea dello Stadio.
Il Professor Gaudenzio Piccolomini, esimio Architetto e Letterato, nonché titolare della Cattedra più prestigiosa della locale sede universitaria, era riuscito ad aggiudicarsi le commesse di ben sette dei diciotto colossi previsti, i cui bozzetti giacevano schizzati, con tanto di timbro della Commissione Giudicatrice del Concorso Nazionale, sul tavolo, tra gessi cartoni e tomi d’Arte.
Aveva catalogato per anni reperti scultorei, esaminandoli con accuratezza maniacale e curiosità vivace di esperto d’arte antica, greco-romana. Aveva preparato centinaia di schede analitiche, presentazioni di capolavori o di pezzi meno noti, con metodo rigoroso e dedizione appassionata. Trasmetteva l’entusiasmo agli allievi, trascinandoli in quel sentimento che, soleva ripetere, rapisce e annienta ogni progetto umano di fronte alla vastità, l’indicibile nostalgia della Bellezza insediata nel cuore di ognuno, unico barlume di vita nel vasto regno della morte e del plagio.
Amava ogni pezzo di quei corpi: le parti più nascoste, dove lo scultore aveva lasciato traccia dell’attrezzo, e quelle perdute. Ne contemplava la misurata bellezza, naturale, mai ostentata.
Divini dettagli, di carne e di marmo.
Osservava ora quei suoi bozzetti vincitori: una gagliarda gioventù di pietra, spregiudicata manipolazione di forme classiche. Sette simulacri della parodia della virilità.
I colleghi erano accorsi a complimentarsi del felice esito e il Podestà entusiasta lo aveva convocato, chiedendo espressamente che una statua similare a quel poderoso lottatore venisse predisposta per ornare la piazza del suo paese natale, dedicata ai caduti dell’ultimo conflitto.
Di fronte all’esitazione del Professore, il Podestà aveva precisato che l’aitante giovanotto, pur discinto, avrebbe dovuto far mostra dell’ardimento in battaglia, nonché del muscolo italico vibrante e vittorioso. Un fante ignudo, dunque, ma con l’elmetto, il petto al nemico, a gettare 1’ultima bomba a mano, ad immolarsi per la Patria e la libertà. Era seguita una vigorosa stretta di mano, e la promessa di una vasta e meritoria propaganda artistica.
Marmorei campioni, ercoli pietrificati dalla maschilità ostentata e sospetta, mostra di culi e sguardi imbecilli: così, aveva accompagnato sorridendo la realizzazione degli schizzi, durante un’esercitazione in aula sull’arte italica contemporanea.
Il suo migliore allievo, tale Cicogni, aveva partecipato attivamente, sollecitando particolari, evidenziando forme e gestualità di una statuaria ormai in voga. Il Professore si era la-sciato prendere, arrivando a stilare due paginette di appunti scherzosamente titolati „Modeste avvertenze a chi s’avventura nel Forum Beniti“. Aveva prodotto annotazioni a margine, su tecniche realizzative e dettagli, posture ed ammiccamenti, per poi concludere i bozzetti con ironica firma autografa, svolazzi e data compresi.
Un successo, tra gli allievi del corso: lo spirito critico e la conoscenza della storia e dei risvolti sulla società erano elementi fondamentali per l’artista, in ogni tempo e disciplina.
Aveva osservato con orrore la città che era andata riempiendosi di mascelle quadre e sguardi alteri all’orizzonte.
Paccottiglia marmorea, abietta e buffona, d’umore e di muschio.
Aveva sofferto in silenzio di fronte a quella scempiaggine dell’arte classica: le piazze costellate di deretani granitici e bronzei stendardi avviluppati a muscolature inchiavardate. Carnali avvinghiamenti di mutande sfondate e pendule, ostentato pelo all’ascella, e tocchi di mano sconcia: ancora un breve movimento e i gesti avrebbero palesato una scurrile sconve-nienza.
Statuaria inturgidita e sconsiderata, d’amaro e di maschio.
-Ah, Professore… ci rendete fieri dell’epopea scritta sopra magistrali pagine di mar-mo. Non ci sazieremo di omaggiare il vostro talento, onorare la maestria … e l’Arte tutta!
Erano ancora vive le parole del Podestà. Ma era stata solo un’esercitazione: l’analisi del bando di concorso, la risposta dell’artista. L’esame delle richieste, l’esito nel manufatto.
Dal testo emergeva la volontà di promozione dello sport, per crescere un popolo robusto, virile, fertile: atleti della terra, dell’acqua, dell’aria. Insieme agli allievi aveva esami-nato le scelte scellerate in nome del rinnovamento, sul corso della tradizione italica. Si era avventurato a schizzare gli eroi statuari richiesti, con dose sufficiente di perizia anatomica, prendendo spunto da persone conosciute: il cioccolataio Guglielmazzi, abbozzato in tutta fretta con atteggiamento da discobolo; Fiordigilio, il figliolo del custode, chiappe al vento, nuotatore. E Saverio, Rosario, Fosco, novelli Meazza e Carnera, ai giuochi ginnici. E poi Ercole gonfiato a lottatore, ed il primogenito Emilio, gluteo sodo, a modello di schermatore.
Quei sette esemplari marmorei d’immagine maschia lussureggiante avrebbero certo attirato lo sguardo maliziosamente ammirato di ogni Giovane Italiana ed accontentato pure…qualche altro: così, goliardamente, avevano insieme commentato il risultato. Avevano sorriso sui particolari più esposti del nuotatore sofferente, commentando quei segni affrettati della matita, le ripetute cancellature.
All’insaputa del Professore, l’allievo Cicogni aveva inviato i bozzetti. Per scherzo o in buona fede, consapevolmente o con leggerezza: era accaduto.
„I gioielli dell’Architetto“, titolò l’Eco della Città, in occasione della Solenne Inaugurazione del Nuovo Campo Sportivo del Littorio. In primo piano, il Professor Piccolomini, serio, lo sguardo fisso al fotografo, tra Fosco e Fiordigilio.
„L’Italia non esce con le ossa rotte dal confronto internazionale. Anzi, sembra aver ritrovato antichi ardori artistici e architettonici. Merito di Uomini che hanno saputo interpretare lo spirito di una Nazione che primeggia, recuperando il meglio della propria tradizione di romanità, in nome dell’italica arte“, proseguiva l’articolo.
Parole di elogio al Professore ed agli eroi di marmo „dritti nell’anima e agili di pensiero e di sentimento come dritti e agili sono nelle membra e nell’aspetto, perché da deformità o insufficienze fisiche non derivino anchilosi e torpori spirituali che si riflettano sulla vivace massa dei nostri balilla!“.
Qualcuno apostrofò quei marcantoni in bianco di Carrara „ I Moschettieri del Duce“, „archetipi svergognati della sodomia littoria“: ma questo, solo molti molti anni dopo.
Come è noto, la storia decise diversamente, soffiando sulle fiaccole, spazzando aquile e lupe.
E tutto, o quasi, mutò.
E’ recente lo stanziamento statale di fondi per il restauro di quelle eroiche carni marmoree, interessate da fenomeni di degrado e decoesione negli strati superficiali. Esperti del settore hanno ipotizzato l’uso di malte da iniezione e gomma siliconica da calco per l’integrazione di parti, ed applicazione d’impacchi con polpa di cellulosa e ammonio carbonato per la pulitura.
Il preconsolidamento dei glutei del Guglielmazzi ha richiesto, dopo un attento monitoraggio, un’imbibizione a percolazione; la successiva pulitura è stata effettuata tramite applicazioni di acqua nebulizzata e, ove occorrente, un’operazione di microsabbiatura di precisione.
Le sode muscolature di Fosco hanno dovuto sopportare, in base ad un’adeguata diagnostica, una cerchiatura con barre di titanio, a contenimento dei fenomeni di distacco già in area profonda. Come nelle zone bicipitali e tricipitali, una mera pulitura preventiva avrebbe potuto compromettere la consistenza fisica della superficie.
Circa le pudende di Emilio schermatore, l’Architetto direttore del restauro ha ampia-mente relazionato sulla necessità di due mani di resina acril-siliconica, in verità un organo polisilossano oligomerico, e di successive stuccature con resina acrilica bicomponente caricata con carbonato di calcio e terre naturali. I depositi calcarei negli anfratti della pietra sono stati avvedutamente espunti con vibroincisori pneumatici di precisione.
Le operazioni di reintegrazione sono state delicate, per il povero Fiordigilio. Problematiche interne alla materia, aggravate probabilmente dalle intemperie, hanno provocato danni irreversibili alle parti più esposte dello spavaldo nuotatore. Ci si prefiggeva di pervenire ad un vero e proprio risarcimento del difetto del marmo, oltretutto con simulazioni, a li-vello di epidermide, delle pieghe, delle cariature e delle sinuosità della carne medesima, a somiglianza del membro.
Non valutando appieno la distinzione tra attributo, ripristino e difettosità congenite, in nome del restauro filologico a ricostituzione dell’integrità originaria, è stata ripristinata pure quell’evidente fimosi, cui già il Professore aveva guardato con sofferenza.