Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Quinta edizione – 2003
Francesco Tassinari
Barbara
In un tardo pomeriggio dell’estate 1935, Barbara Blasi di Chiosca, ventenne, bella e di nobile famiglia, s’allontanò dalla villa di San Varano di Forlì assieme ad un caro amico venticinquenne, Luca Biondi, per una passeggiata nei campi vicini. Il tempo era splendido, ma dopo alcune ore, mentre i due giovani stavano rientrando, si udirono dei brontoli di tuono, e in cielo apparve una nuvola minacciosa che si muoveva diritta verso di loro. Sullo sfondo, ormai non lontana, biancheggiava la villa e luccicavano, argentei, gli alti pioppi. C’era odore di pioggia e di fieno falciato.
Ed ecco che sui campi si scatenò il vento e nell’aria cominciò a turbinare la polvere. Luca scoppiò in una risata esclamando: „Bene, chissà che bello spettacolo ne verrà fuori!“
Barbara, contagiata dall’allegria dell’amico, e al pensiero che in pochi istanti si sarebbe bagnata fino alle ossa, si mise a ridere anche lei.
Quando i due giovani entrarono nel giardino della villa il vento non c’era più, ma grossi spruzzi di pioggia battevano sull’erba e sui tetti. Presso la scuderia non c’era anima viva. Qui si fermarono Luca e Barbara, protetti da una tettoia. Guardavano le strisce oblique della pioggia violenta; l’odore greve, eccitante del fieno si sentiva qui più forte che nel campo; per le nuvole e la pioggia si era fatto quasi buio.
„Che colpo!“ – disse Luca, avvicinandosi alla ragazza dopo un fortissimo tuono che echeggiò a lungo, per cui parve che il cielo si fosse spaccato in due.
Stava accanto a Barbara, respirava con affanno per la rapida corsa e guardava la ragazza con ammirazione.
„Sei meravigliosa, Barbara. Sarei disposto a rimanere qui tutta la vita soltanto per osservarti“ – disse all’improvviso il ragazzo, e nei suoi occhi c’era un’espressione entusiasta e piena d’amore.
„Ti amo – proseguì – So che non potrai mai essere mia moglie; sono un modesto professore di ginnasio e non ricco, socialmente troppo lontano da te…Ma mi basta che tu sappia che ti amo. Taci, non rispondere, permettimi solo di starti vicino e amarti in silenzio.“
Il suo entusiasmo si comunicò alla ragazza. Guardava il viso ispirato dell’amico, ascoltava la sua voce che si mescolava allo scrosciare della pioggia e, come ammaliata, non riusciva a parlare. Avrebbe voluto guardare senza fine quegli occhi lucenti e ascoltare le dolci parole dell’amico.
„Tu taci, ed è molto bello! – disse Luca – Continua a tacere..“.
Barbara si sentiva felice. Rise di soddisfazione e corse sotto la pioggia verso casa; rise anche l’amico innamorato, inseguendola.
Facendo un gran chiasso, come bambini, bagnati e trafelati entrarono nell’ingresso della villa. Le nubi temporalesche nel frattempo erano passate e il tuono era cessato. Luca era allegro, scherzava col cane inseguendolo per le stanze, poi giunse l’ora di cena e tutti i commensali si intrattennero a tavola con allegria.
Barbara prima di coricarsi spalancò la finestra della sua camera da letto, ed una sensazione indefinita s’impadronì della sua anima. Pensò che era giovane, bella, sana, ricca e di famiglia nobile e che era anche amata.
Più tardi, mentre nel letto si rannicchiava tutta per il fresco che entrava dalla finestra, cercò di rendersi conto se amava Luca o no…e senza aver risolto il problema si addormentò.
Quando la mattina vide sul suo letto le chiazze tremolanti del sole e le ombre dei rami dei tigli, riemersero, vividi nella sua memoria, gli avvenimenti del giorno prima. La vita le parve ricca, varia, bella. Canticchiando si vestì in fretta e corse nel giardino…
E cosa avvenne dopo? Nulla. Nulla di importante. Giunse la stagione fredda; d’inverno Barbara viveva a Bologna e qui si trasferì con la famiglia. Luca di tanto in tanto andava a farle visita.
La ragazza ben presto si rese conto che la letizia e il fascino di quell’estate trascorsa in campagna si erano offuscati. Anche in città Luca talvolta le parlava del suo amore, ma veniva fuori qualcosa di molto diverso, non certamente la situazione vissuta in campagna. Ora entrambi i giovani sentivano più fortemente il muro che era fra loro: lei ricca e nobile, lui modesto insegnante, e povero. Credevano che quel muro fosse molto alto e grosso e così quando ora Luca faceva visita alla ragazza non si sentiva a suo agio e spesso taceva: il riso spensierato dell’estate era scomparso. Non c’è muro che non possa essere abbattuto, ma nessuno dei due ragazzi aveva il coraggio di farlo e così pian piano si apriva un varco alla rassegnazione.
Barbara sapeva di essere amata, e sapeva che la felicità era a portata di mano, ma lasciava che i giorni trascorressero senza sforzarsi di comprendere , senza sapere esattamente cosa s’aspettava, e intanto il tempo scorreva, passava inesorabilmente…Le passavano accanto uomini con il loro amore, si dileguavano le giornate limpide e le notti tiepide, cantavano gli usignoli, l’aria odorava di fieno e tutto questo passava rapidamente senza lasciare tracce, senza essere adeguatamente apprezzato e si dileguava come la nebbia…
Il padre morì, Barbara invecchiò. Tutto quello che piaceva, blandiva, suscitava speranza diventò un puro ricordo e ora Barbara vedeva davanti a sé una pianura sconfinata, deserta; e su questa pianura non c’era anima viva, e laggiù all’orizzonte soltanto buio e paura.
Ecco, il campanello suona… E’ venuto Luca.
Quando d’inverno Barbara vede gli alberi e ricorda come verdeggiavano per lei d’estate, bisbiglia: “Oh, miei cari!“. E quando vede delle persone con cui ha trascorso la sua primavera, la prende un sentimento di tristezza, un senso di tepore, e bisbiglia le stesse parole.
Luca è invecchiato e cammina un po’ curvo. Ha smesso da un pezzo di fare dichiarazioni d’amore, non sorride mai, non ama più il suo lavoro e soffre di disturbi digestivi. E’ un uomo deluso, non si aspetta più nulla dalla vita e vive senza più sapere cos’è la gioia.
Ecco, si è messo a sedere presso il caminetto acceso e fissa silenzioso la fiamma. Barbara, non sapendo che dire, gli chiede: “Qualcosa di nuovo?“. E lui: „Niente. Assolutamente niente!“ risponde.
E di nuovo silenzio. Il bagliore rosso del fuoco gioca sul suo viso triste.
Barbara ricorda ora il passato e d’un tratto le sue spalle si mettono a sussultare, la testa si inclina e lei scoppia infine in un pianto amaro. Prova una intollerabile pena di se stessa e di quell’uomo e desidera appassionatamente quello che è passato e che la vita ormai le rifiuta. Ora non pensa più al fatto che è di famiglia ricca e nobile. Singhiozza forte e mormora: “Dio mio, Dio mio, la vita è finita“.
Luca intanto se ne sta seduto e tace; non dice “Non piangere“. Capisce che è necessario piangere, capisce che è venuto il tempo delle lacrime. Barbara vede dai suoi occhi che ha compassione di lei, come del resto lei ha compassione di lui; ora prova dispetto per il fatto che quella persona timida e conformista non ha saputo costruire né la propria vita, né la sua.
Dopo un po’ Luca si accommiata e Barbara l’accompagna; si rende conto che nell’ingresso indugia di proposito nell’infilarsi il cappotto. Le stringe la mano senza dire una parola e a lungo guarda il suo viso. Forse in quel momento gli torna alla memoria il temporale, quelle strisce oblique di pioggia, il riso di entrambi, il viso di Barbara di allora. Ha voglia di dire qualcosa, e sarebbe stato lieto di farlo ma rimane in silenzio. Scuote soltanto il capo.
Dopo averlo accompagnato, Barbara torna in salotto e si siede davanti al caminetto. I carboni ardenti, nel frattempo, si sono velati di cenere e si spengono a poco a poco. Il gelo si è messo a battere ancora più iroso alle finestre e il vento a urlare qualcosa nella gola del camino.
Entra la cameriera, e credendo che la signorina si sia addormentata, esce in silenzio per paura di disturbarla.