Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Settima edizione – 2007
Vincenzo Maria Pasqua
L’ultima stella
In un paese tanto lontano viveva un asinello.
Ottimo lavoratore, aiutava il suo padrone nel lavoro dei campi, senza mai un lamento o un raglio di troppo.
Il suo nome era Manolo, ma da tutti era conosciuto col nomignolo di ‘spazzino’.
La cosa si spiega col fatto che Manolo, aveva una caratteristica del tutto particolare: possedeva una coda lunghissima!
Davvero, non una coda qualsiasi, ma un vero e proprio strascico, che, partendo dal posteriore, precipitava giù come una cascata, si svolgeva con eleganti volute ben oltre il garrese, superava gli zoccoli, si distendeva lungo il suolo e, formando un tappeto di peli nero-castani, proseguiva ancora il suo cammino per almeno un paio di metri!
Uno spettacolo!
Nello stesso tempo, però, un caso imbarazzante, perché, si capisce, quando Manolo si muoveva, la coda lo seguiva, spazzando la strada, proprio come una ramazza!
Da qui il soprannome di “spazzino”.
Manolo era infelice, e quello che più lo avviliva non era la faccenda del nome.
In verità si struggeva perché quella sua coda era motivo di invidia da parte degli altri asini, mentre era considerata una specie di maledizione dagli uomini, i quali proibivano ai bambini di frequentare l’asinello.
A causa di ciò, gli unici esseri umani che si avvicinavano a Manolo erano il padrone e suo figlio, un bambino dagli occhi nerissimi di nome Martino.
Il padrone signor Luigi, non era superstizioso, ma anche lui cominciava a farsi suggestionare dalle chiacchiere della gente.
Talvolta confidava alla moglie di volersi disfare della bestiola, per sostituirla con un asino normale, tanto più che non poteva permettersi di andare al mercato del paese in groppa a Manolo senza sentirsi guardato da tutti.
Oltretutto, quando si viaggiava con lui ci si ritrovava presto coperti di polvere da capo a piedi, per via del gran polverone che sollevava quella straordinaria coda.
Insomma, per farla breve la gente e i bambini del paese non volevano più dare confidenza al nostro amico asinello.
Manolo era veramente disperato, e si confidava con Martino.
“Non ho amici, nessuno vuol giocare con me” diceva.
“Io sono tuo amico e gioco con te”
“Sì, lo so e ti voglio bene, ma ho soltanto te. Nessun altro mi si avvicina. Hanno tutti paura di me. E tutto per colpa di questa orribile coda. E se ci fai caso, anche tu, quando stai con me, sei costretto a rinunciare alla compagnia dei tuoi amichetti.”
“Ma dai, che sei proprio un bell’asino”, lo consolava Martino, accarezzandolo sul dorso lucido e robusto.
Manolo era anche piuttosto preoccupato delle intenzioni del signor Luigi.
Per caso – beh, non proprio per caso, in quanto aveva origliato da sotto la finestra della cucina – aveva sentito il padrone confidare alla moglie, la signora Giacinta, tutti i suoi problemi e le sue ansie.
Questioni incomprensibili, per lo più, almeno per le capacità di un somaro. Argomenti che solo gli uomini, solitamente alquanto più intelligenti degli asini, possono comprendere.
Ma una cosa l’aveva capita bene: sia lui che la sua coda erano diventati un impaccio.
A questo punto, diventava persino probabile che un giorno egli dovesse ritrovarsi a spingere la ruota di un pozzo in un’oasi del deserto africano, oppure ad esibirsi in un circo, con indosso un ridicolo costume rosso con gli alamari dorati.
Manolo praticamente non dormiva più la notte, e conseguentemente sonnecchiava durante il giorno.
Diffidava di tutti. Camminava rasente ai muri. Non prendeva più parte alle feste del paese, che tanto gli piacevano, specie quando si sparavano i fuochi d’artificio.
Adorava quelle comete colorate che si innalzavano lassù nel cielo a perdita d’occhio, con un sibilo che faceva tenere il fiato sospeso, per poi esplodere fragorosamente all’improvviso in una pioggia iridescente, che ricadeva silenziosamente sulla terra, disfacendosi miracolosamente senza toccare il suolo…
Una notte d’estate Manolo sonnecchiava accanto al carro del Sig. Luigi.
All’improvviso venne destato da uno scoppio, cui seguì un lampo di luce accecante.
La cosa era sorprendente.
In primo luogo perché come sanno anche i bambini, il lampo precede il tuono.
Inoltre, il cielo era stellato, e nulla lasciava presagire l’arrivo di un temporale.
Né poteva trattarsi di un fuoco d’artificio, perché in quei giorni non c’erano feste.
Manolo rimase a bocca aperta e con gli occhi spalancati, aspettando un’altra esplosione.
Niente. Però dopo qualche istante una luce intensa comparve proprio dietro il cespuglio vicino.
La luce crebbe rapidamente, allargandosi a ventaglio oltre la siepe e proiettando i suoi raggi dritti verso il cielo stellato, ove le stelle, ora, non si vedevano più.
Manolo non ebbe paura, ma certo si stupì molto, e teneva spalancata la bocca, mostrando i suoi robusti dentoni da asino.
La cosa più strana era che nessuno in casa si fosse svegliato per la gran luce e il botto.
Manolo, volendo condividere col suo amico Martino l’evento eccezionale, si voltò e lentamente si diresse verso la casa, senza però perdere di vista l’apparizione.
In quella, la luce parlò.
“Manolo, dove vai?” – la voce di donna, limpida e potente, proveniva proprio dal centro del ventaglio di luce sfolgorante.
“Sei tu Manolo, l’asinello dalla lunga coda?” – insistette la voce, visto che Manolo continuava a tenere la bocca aperta ma senza emettere alcun suono.
“S-sì, s-sono io. Ma tu chi sei?” – balbettò timidamente Manolo, oltretutto stupito e pure un po’ seccato che la fama della sua imbarazzante coda fosse giunta fino al…fino a dove? Da dove veniva quella ‘cosa’ che parlava?
“Io sono una stella cometa, e tu sei l’asinello soprannominato ‘spazzino’. Un nome buffo, non c’è che dire.”
“Anche tu mi prendi in giro. La polvere che sollevo è arrivata anche da te!” – Manolo adesso si sentiva pervadere da un profonda malinconia e anche da una certa stizza.
“Manolo, non dire sciocchezze! In cielo, vale a dire nel cielo stellato, dove sto io, la polvere arriva, ma diventa polvere d’oro, e noi comete la utilizziamo per ornare la nostra coda. Tu sei molto amato, per questo, nel mio paese. Anzi, sei quasi considerato un eroe. Lo sapevi questo?”
“Un eroe? Un eroe per la polvere? Non mi stai prendendo in giro?”
“Noi stelle comete discendiamo da una nobile stirpe, che non mente mai.”
“Ma dimmi, mi chiamate ‘spazzino’ anche lassù?”
“No, Manolo, noi non ti chiamiamo ‘spazzino’. Però sappiamo tutto di te. Sappiamo che sei molto amico dei bambini, ma che i bambini ti evitano, per via di certe strane storie messe loro in testa dai grandi superstiziosi. Sappiamo che ti senti infelice per il fatto di possedere una coda meravigliosa.”
“Meravigliosa la mia coda? Ma se è proprio lei la causa dei miei guai!”
“Vedi, Manolo, tutto sta a vedere le cose nel modo giusto. Prendi noi comete, ad esempio. Cosa saremmo senza le nostre lunghissime code? Delle semplici, comuni stelle, saremmo. E, senza offesa per le mie cugine, ma una stella cometa è tutta un’altra cosa. Noi siamo fiere delle nostre splendide code!”
“Beh, ho capito” – riprese Manolo, dondolando tristemente il suo testone da asino di razza – “Però resta il fatto che io non sono una stella, e di questa coda, che per di più non è neppure d’oro, non so proprio che farmene.”
“Per questo sono venuta a trovarti. Sei un asinello fortunato e non te ne rendi conto. Capita spesso agli uomini di non saper gioire delle cose che hanno. Ma tu non sei un uomo, e dovresti essere un po’ più saggio. Comunque, sono venuta a portarti una bella notizia.”
“Che notizia?”
“Tu verrai con me. Diventerai una stella. Ma non una stella qualsiasi. Una stella cometa, e la tua coda brillerà d’oro.”
“Una stella cometa io? Un asino-stella-cometa? Un asino che vola? Perché volerei, no?”
“Certo, tutte le stelle volano. Pensa, i bambini di tutto il mondo ti guarderebbero passare estasiati, gli innamorati si giurerebbero eterno amore al chiarore della tua luce, gli astronomi ti scoprirebbero e ti battezzerebbero con un nome importante. Potrebbe persino saltar fuori una ‘costellazione dell’asino’. A Natale, poi, saresti il protagonista assoluto del cielo. Eh, Manolo, che te ne pare?”
“E Martino? E’ il mio unico amico, e resterebbe triste senza di me.”
“Non preoccuparti. Martino sta sognando questo nostro incontro, e domattina, quando non ti troverà più in cortile, saprà dove sei andato. E tu sarai la sua ‘Buona Stella’.”
“Beh, sai una cosa, mi sento già più leggero!”
“Lo sei, Manolo. Stai per volare.”
La voce si allontanava, e si trasformava in un’eco lontana.
Manolo si sentiva sollevare verso l’alto. Si guardò le zampe e il torso robusto. Sembravano divenuti come trasparenti, di cristallo. Il prato sotto di lui riluceva di un intenso chiarore, e il muro della casa del Sig. Luigi, della Sig.ra Giacinta e del piccolo Martino divenne di un bel bianco smagliante, come se fosse stato colpito dalla luce di cento lune piene. Il carro, gli alberi, la stalla, il pozzo, tutto sembrava infiammarsi e brillare, mentre laggiù, fuori dal raggio della nuova luce che emanava da Manolo, la notte sembrava più nera e profonda.
Manolo si voltò indietro e vide che la sua lunghissima coda era diventata una scia splendente di polvere d’oro, che lanciava mille riflessi colorati, disegnando arcobaleni e mosaici iridescenti su tutto il paesaggio.
L’asinello velocemente prese a volare verso il cielo, in compagnia della sua nuova amica stella cometa, divenuto anche lui stella cometa.
…
Mentre pian piano la natura tornava ad immergersi nel buio rassicurante della notte, dalla finestra della casa un bimbo insonnolito agitava una manina, salutando le stelle.