Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Settima edizione – 2007

Denis La Gioia

Gracile Rose

“Come sono fortunata per la vita che il Signore mi ha dato” pensava la piccola Rose quella domenica pomeriggio. Il marciapiede che separava la strada dalle costruzioni in mattoni rossi, tutte uguali, di Grod Avenue sembrava grandissimo. Rose, per mano a suo padre, stava tornando a casa. Erano le cinque ed era terminato da poco il cinegiornale vecchio, di quarta mano, che finalmente era arrivato anche nel piccolo cinematografo del reverendo Brown.
Le immagini, commentate da una pulita voce fuori campo, mostravano un’Europa ancora devastata, logorata dalla miseria. La Grande Guerra era finita da due anni ma la gente non se la passava per niente bene da quelle parti.
In America, nella grande America, la guerra non era arrivata. Nei messaggi radiofonici era sempre apparso chiarissimo che, grazie al presidente Wilson e all’indomito spirito americano, la guerra si era conclusa senza ledere gli Stati Uniti in nessuna maniera.
Quel giorno Rose tornò a casa turbata e, dopo aver salutato la mamma, scese in strada a giocare con gli altri bambini. Raccontò loro che cosa accadeva in Europa e cercava di spiegare agli altri quanto erano fortunati lì a Tuskegee*.
“Vivi fra le nuvole tu…non è venuta la guerra…ma qui fa tutto schifo…” disse Jacob. E aggiunse: “io vado tutti i giorni in centro a sfacchinare al negozio dei Tobias per due dollari e cinquanta alla settimana…ed è dura… è dura arrivare lì, è dura a tornare la sera..”.
Rose non la pensava così. Lì nel quartiere non c’erano cartelli che impedivano l’ingresso, non c’erano file separate da fare nei negozi, non c’erano le offese feroci dei passanti bianchi. Lei viveva in Leage street, nel centro del quartiere nero.

Rose era nata sette anni prima, in un freddo pomeriggio d’inverno. Quel giorno George Lincoln, suo padre, era stato tutta la mattina in strada, con il cesto sotto braccio, a seguire il trasporto del carbone. Correva dietro ai camion che, sussultando sulla strada dissestata, facevano cadere grossi pezzi di carbone a terra. Aveva già riempito due cesti e acceso la stufa, l’acqua bolliva e le donne lo cacciarono via. “…Vai a raccogliere altro carbone.. e torna più tardi.. ” gli dissero.
Rose nacque senza troppa fatica in una lurida catapecchia di Tuskegee, era il quattro di febbraio del 1913 e non pianse subito. Fu prontamente riparata con delle coperte pulite, si guardò intorno con gli occhi spalancati, in silenzio, poi

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pianse.
Quella sera George Lincoln McCaule prese una sonora sbronza con alcuni amici e fu portato a casa a spalle da Elias.

Passarono tre anni da quella domenica al cinema del reverendo Brown e Rose aveva dovuto mettersi gli occhiali. Era piccola e gracile per la sua età.
La torrida estate del ’23 metteva tutti a dura prova. I grandi stavano chiusi in casa ad aspettare la sera, i vecchi si sventolavano tutto il giorno, all’ombra, con dei cartoncini rigidi raffiguranti dei santi. Solo i bambini sembravano non soffrire la calura. Sembrava, al contrario, che traessero energia da quel clima che annientava tutto, anche il controllo degli adulti.
Nel quartiere non c’era un’anima e i bambini giravano liberamente per la strada.
Rose, John e Leeroy decisero di spingersi oltre la settima, fuori dal quartiere. I ragazzi erano felici ed eccitati da quella avventura. Ridevano e giocavano a rincorrersi. Arrivò una macchina della polizia che tagliò loro la strada. Ne scese un tipo biondo, alto e grasso, sudato, con il manganello in mano.
I tre ragazzini si fermarono impauriti e, prima che potessero dire qualcosa scese l’altro poliziotto e appoggiò la mano sopra la pistola custodita nella fondina. Il tipo biondo, alto e grasso lasciò il manganello sul sedile e afferrò Leeroy per la gola: “ che cosa avete rubato?” …ma Leeroy non poteva rispondere… Leeroy non riusciva a parlare.
“Niente signore, niente…lo giuro “ disse John.
Un violento colpo investì la guancia, l’orecchio, la tempia sinistra di John.
“ Non giurare negro..e rispondi: che cosa avete rubato? “ disse il poliziotto con la mano sulla pistola.
“ Se dei negri corrono in un quartiere come questo, vuol dire che hanno rubato qualcosa…”.
Rose era impietrita, tremava e non riusciva a dire niente. Fissava la scena che aveva di fronte e sentì in mezzo alle cosce come…un caldo, che si scioglieva liquido fino alle ginocchia, più giù fino ai piedi, inzuppando i sandalini di tela e poi più giù ancora, sul marciapiede fino a formare una piccola pozza di urina.
Dopo qualche altro schiaffone ai due ragazzi e l’intimazione ad andarsene, i due tutori della legge si ritennero soddisfatti. Rientrarono in macchina e si allontanarono.
In silenzio, con il nodo alla gola, i ragazzi rientrarono nel quartiere. Quella sera in strada ribolliva il malcontento, tutti ne parlavano ma, come al solito non

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sarebbe cambiato niente. Ogni volta che succedeva qualcosa c’erano due o tre giorni di nervosismo, poi tutto finiva lì. Come quella volta, in inverno, quando gli
incappucciati** dettero fuoco alla croce di legno davanti alla casa del vecchio Amos.

Ci furono altri episodi in quegli anni tristi nei quali pochi facevano i soldi e, i più, pensavano a sopravvivere. Nel 1929 Rose fu costretta ad abbandonare il liceo per prendersi cura della nonna ammalata. La sua mamma, a servizio dai bianchi, non poteva perdere il lavoro. La grande crisi cominciava a farsi sentire; le fabbriche chiudevano a ritmo impressionante e George Lincoln era rimasto disoccupato. Ma i signori erano sempre i signori. E i signori non levano gli escrementi dei loro cani, non portano il carbone in cucina, non lavano e spazzano i pavimenti. I signori non si sporcano le mani perché i signori hanno le negre, per questi ed altri lavori.
Rose trascorreva le giornate con la nonna ascoltando le sue storie o leggendole i giornali. Nel settembre del 1930 la nonna morì. Formalmente morì da donna libera e, per lei, che aveva conosciuto le piantagioni, era una cosa importante.
Quell’anno morì anche John, ammazzato dalla polizia durante una rapina. Sui giornali si lesse che aveva sparato alla polizia che era stata costretta a rispondere al fuoco. John era morto per strada, con un sacchetto di carta in mano, meno di trecento dollari, e tre pallottole nella schiena.

Nel marzo del 1931 Rose conobbe un giovane attivista della sezione di Montgomery dell’Associazione Nazionale per l’Avanzamento delle Persone di Colore*** . si chiamava Raymond Parks.
Era bello, alto e robusto, sempre ben pettinato, sempre con un piccolo pettine in tasca. Faceva il barbiere in Brock street e aveva appeso fuori dalla bottega un singolare cartello:

for black peoples only
no white no dogs

Tante volte Rose aveva letto cartelli come quello, con I colori scambiati e I cani come comparativo: sulle fontane, nei bagni pubblici, sulle vetrine dei negozi, sui taxi.

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Era singolare, era provocatorio che un nero avesse affisso un cartello del genere ed infatti la vetrina del suo negozio era crivellata da diverse sassate e la porta
era già stata bruciata due volte. Ma a Raymond non importava. Aggiustava la porta e la vetrata con i soldi del fondo di solidarietà e contava sulla costante
presenza di amici che bighellonavano davanti al suo negozio.
Rose e Raymond si innamorarono e si sposarono nel giugno del 1932.
La chiesa era piena, c’era tutto il quartiere. George Lincoln, ubriaco già dal mattino, piangeva come un vitello. Quando sentì il reverendo che diceva: “ vuoi tu, Rose Louise McCaule prendere il qui presente Raymond Parks come tuo sposo, per amarlo, rispettarlo….” svenne e gli amici lo portarono al bar.

Dopo il matrimonio Raymond intensificò la sua attività all’Associazione e proseguì con il suo lavoro di barbiere. Convinse sua moglie a proseguire gli studi per finire il liceo e Rose si diplomò nel’34.
Si erano trasferiti a Montgomery* da un anno e Rose lavorava in casa come rammendatrice. Raymond non voleva che sua moglie andasse a servizio dai bianchi e Rose non lo fece fino al 1950. Una sera d’inverno, di quell’anno maledetto, mentre Raymond tornava a casa, fu aggredito da quattro uomini con il volto coperto. Fu picchiato ferocemente, inghiottì sangue e denti. Una volta a terra, boccheggiante, gli spaccarono entrambe le mani con un bastone.
Piangeva Rose in ospedale, piangeva mentre suo marito stava ad un passo dalla morte e riconsiderava con disgusto e angoscia le convinzioni della sua infanzia: le era evidente che non era una gran fortuna essere negri in Alabama e le era evidente che non serviva a niente la vendetta che stavano già organizzando gli amici di Raymond; le era evidente che Dio non aveva mai parlato di colori e aveva creato gli uomini liberi e uguali. Lo aveva letto nella Bibbia e ascoltava sempre con molta attenzione i sermoni del giovane reverendo della chiesa che frequentava, in Dexter Avenue****.
Raymond, piano piano, si riprese ma non ricominciò a lavorare. Stava tutto il giorno a leggere giornali e riviste e si dedicò completamente all’Associazione.
Rose entrò a servizio in una casa di bianchi dall’altra parte della città.
Attraverso i giornali seppe che Leeroy fu arrestato per furto e ricettazione. Era l’estate del ’51 e quel caldo infernale ricordava l’estate del ’23. Rose ripensò a quel giorno in cui, con Leeroy e John, nel quartiere bianco, si imbatterono nella polizia. Quei ricordi sarebbero tornati a galla anche in seguito.

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Rose lavorava in quella casa da quasi cinque anni, dieci ore al giorno, sei giorni alla settimana. I padroni erano contenti della signora Rose Parks, cosi silenziosa e umile, energica nel lavoro ma dimessa e conciliante. Pulita e discreta, sapeva muoversi bene anche quando in casa c’erano ospiti. Una donna mite e senza
pretesa alcuna. Ma non era vero.
La sera del primo dicembre 1955 Rose fece appena in tempo a prendere la coincidenza a Cleveland Avenue per tornare a casa. Era molto stanca e, trovando un unico sedile libero, nella parte riservata ai bianchi, decise di sedersi. La sua pretesa.
L’autista le intimò di alzarsi altrimenti avrebbe chiamato la polizia.
Rose guardò dentro se stessa, inspirò profondamente l’aria viziata di quell’autobus e l’odio dei bianchi che inveivano rumorosamente perchè l’autista si era fermato. Pensò a suo marito con le mani fracassate, pensò a Leeroy in prigione, pensò a John, pensò a quell’estate del ’23. Pensò ai due bambini, neri come lei, che la stavano fissando increduli su quell’autobus dalle fiancate lucide, cromate, splendenti, orgoglio delle strade d’America.
“ Non mi alzerò” disse Rose sottovoce. Con i piedi gonfi, doloranti nelle scarpe sformate stette lì, immobile, in silenzio.
Arrivò la polizia e Rose ripeté con fermezza: “ non mi alzerò”. Si radunò una piccola folla urlante che incitava i due poliziotti ad essere più duri con quella “puttana negra”. Rose Parks, con le gambe strette, le mani appoggiate sulle ginocchia,curva su se stessa, piccola e fragile, gli occhiali appannati dalle lacrime ripeté ancora: “ io non mi alzerò”.
I poliziotti procedettero all’arresto e alla contestazione di una multa di 14 dollari.
La legge fece il suo giusto corso per altri quattro giorni, tutto sembrò come prima.

Il cinque dicembre 1955 tutti i neri di Montgomery si recarono a lavoro, a scuola, a fare la spesa, ovunque, a piedi o in bicicletta o condividendo le poche automobili ( soprattutto taxi ) di proprietà di neri. Il boicottaggio dei mezzi pubblici, guidato dal reverendo della chiesa di Dexter Avenue, si estese ad altre città dell’Alabama, della Louisiana e di altri stati del sud degli Stati Uniti.
Più si inaspriva la reazione bianca più si estendeva il boicottaggio: il reverendo della chiesa di Dexter Avenue fu arrestato, una carica di dinamite esplose davanti la sua casa.

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Il boicottaggio terminò nel dicembre del 1956 quando la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America confermò la decisione del Tribunale di prima istanza, decretando l’incostituzionalità delle leggi di segregazione relative al trasporto pubblico.
Fine


Integrazione storica:
Rose e suo marito, alla fine del boicottaggio si trasferirono a Detroit e Rose riprese la sua attività di rammendatrice fino al 1965.
Nello stesso anno accettò l’incarico di assistente, nell’ufficio di Detroit, del deputato J. Conyers Junior.
Nel 1995 il presidente B. Clinton le conferì la medaglia Presidenziale della Libertà.
Nel 1999 viene insignita della Medaglia d’Onore del Congresso.
Nel 2000 è stato aperto il Rose Parks Library and Museum, situato in quell’angolo di strada ( Cleveland Avenue ) di Montgomery in Alabama dove Rose salì sull’autobus il primo dicembre 1955.
Rose è deceduta per cause naturali il 24 ottobre 2005 nella sua casa di Detroit.

Note:

* Tuskegee e Montgomery sono città dell’Alabama.
**gli incappucciati: riferito alla società segreta Ku Klux Klan costituita da reduci sudisti nel 1866 a Pulaski nel Tennessee e rapidamente diffusasi negli stati meridionali degli USA, con lo scopo di difendere i privilegi dei bianchi dopo l’abolizione della schiavitù.
*** Associazione Nazionale per l’Avanzamento delle Persone di Colore (NAACP) 1930
**** nella chiesa Battista di Dexter Avenue nella città di Montgomery in Alabama il giovane reverendo ( aveva 26 anni nel ’55 ) si chiamava Martin Luther King nato ad Atlanta il 15 gennaio 1929 e morto assassinato a Memphis il 4 aprile 1968

   

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