Letteratura per l’infanzia – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa Settima edizione 2007
Milena Mazzini
Una volta ero un randagio
Quando ebbe inizio questa storia, io ero da poco diventato un cane randagio.
Eh, sì! Un tempo avevo anche io una tana e dei due zampe che si occupavano di me, ma un giorno questi decisero che continuare a tenere un cucciolo era un impegno troppo grande: curarlo, dargli da mangiare e da bere, accompagnarlo a passeggio TUTTI I GIORNI…
Così io diventai il loro problema che risolsero velocemente sbarazzandosi di me!
Carini, vero!?
Ricordo ancora quando mi caricarono, per l’ultimo giro, su quella roba chiamata macchina…
Sembrava tutto normale, tutto come tante altre volte…
Andammo a passeggiare in un bel posticino, pieno di alberi ed erbetta fresca. Non c’ero mai stato prima, in quel posto, ma mi piaceva. Sentivo odori nuovi, diversi dai soliti; erano interessanti.
Mi dilungai ad annusare e ad esplorare, allontanandomi senza accorgermene più del dovuto. Stranamente i miei due zampe non mi richiamarono, come invece era loro abitudine.
Capii presto perché!
Quando tornai indietro dal “giretto dei bisogni”, non trovai nessuno ad aspettarmi.
Cercai, cercai come un disperato. Invano.
Stetti ad aspettare per un bel po’, sotto ad una di quelle cose lunghe, fredde ed immobili dove i due zampe si siedono per riposare o scambiare versi. Speravo che qualcuno mi venisse a prendere… ma non fu così!
Rimasi lì, lì, sempre lì, finché i morsi della fame si presentarono a tormentarmi lo stomaco.
Cominciai allora a vagare per le strade del paese, infilandomi in vicoli stretti, bui e spaventosissimi.
Avevo tanta paura, tanta!
Ed ero assolutamente solo, assolutamente!
Che brutto scherzo mi avevano giocato i miei due zampe!!!
E fu proprio a quel punto che iniziò la mia storia di cane randagio.
Era da poco spuntata nel cielo azzurro l’irragiungibile calda palla luminosa.
Avevo camminato tutta la notte per trovare un posto dove rifugiarmi e alla fine l’avevo trovato. Era un lungo tunnel, un grosso tubo di cemento. Ne avevo già visto uno simile, in un posto vicino alla tana dei mie due zampe, dove mi portavano a fare pipì. Là i cuccioli di quella specie si divertivano un mondo: ci camminavano sopra e ci s’infilavano all’interno, per sbucare in seguito a cagnolino all’estremità opposta.
Completamente sfiduciato, sopraffatto dalla stanchezza e dalla tristezza, provai ad avvicinarmi.
Era talmente buio là dentro!
A passi lenti, con le orecchie tese e la coda abbassata…entrai.
Tutto a posto. Era tranquillo, non c’era anima viva e la temperatura era piacevole: l’ideale per farci un riposino.
Ma poco dopo esser andato da Morfeo (dicevano sempre in questo modo i miei due zampe la sera prima di andare a dormire) venni riportato bruscamente alla realtà da un brusio di versi confusi:
<<Hai studiato la poesia?>> sentivo dire fuori del tunnel.
<< Sì, la so alla grande e tu?>> udivo ancora.
<<Io l’ho ripetuta un sacco di volte, ma me ne dimentico sempre un pezzo>> piagnucolava quello di prima, mentre la sua voce si faceva sempre meno forte.
Dalla mia posizione riuscii ad intravedere due cuccioli di due zampe che, camminando spediti, si allontanavano dal tubo, affiancati l’uno all’altro.
<<Ehi, ragazzi! Aspettatemi!>> urlò poi un altro che sopraggiungeva di corsa da un sentierino nascosto da alcuni alberi.
I due tipetti, che oramai erano parecchio distanti da me, si fermarono e a gran voce dissero:
<<Ciao Andre’! Sei tornato?>>
<<Ho avuto l’influenza, ma ora sto bene>> spiegò l’ultimo arrivato, mentre si affrettava per raggiungerli.
Mi spostai cauto verso l’esterno del cunicolo; allungai il muso e sbirciai fuori: quanti due zampe!
Alcuni erano accompagnati da grandi due zampe, altri erano soli.
Quelli piccoli portavano dietro la schiena un’enorme gobba colorata che, a vedersi, pareva piuttosto pesante, visto che camminavano ricurvi con il naso all’ingiù.
E cosa ancora più straordinaria andavano tutti quanti verso un’unica direzione: una grande tana, con grandi buchi per guardare fuori e un recinto altissimo tutt’intorno. Sembravano come richiamati da un suono, che per me era fastidiosamente acuto, proveniente dall’interno di quell’edificio.
Passo dopo passo, tutti i cuccioli, e soltanto loro, entrarono; fuori a poco a poco ritornò la quiete.
Da non crederci. Davvero!
Sorpreso da quella strana scena, rimasi per un attimo ad osservarmi intorno. Mi girai prima da una parte e poi dall’altra: erba, alberi, giochi per i cuccioli a due zampe…
Scivolai fuori dal mio nascondiglio e mi avvicinai a quel recinto che ora era completamente chiuso.
Quanti odori familiari: profumo di mani e vestiti puliti, aroma di latte e biscotti, fragranze di patatine, panini, gnocchini e fruttini.
Conoscevo bene quelle cose perché i miei due zampe ne mangiavano spesso e non mancavano mai di darne anche a me, divertendosi un mondo nel vedere con che gusto io le facevo fuori.
Molto indeciso sul da farsi, zampettai avanti e indietro per un certo tempo; quindi, guidato da una fame atroce, gironzolai per quel luogo dove i cestini m’inviavano richiami, seppure sulle prime poco invitanti.
<<Ma guarda come sono ridotto!>> pensai, mentre raspavo tra i rifiuti.
Ero col naso affondato nel bel mezzo di una montagna di cartacce, quando sentii nuovamente quel suono prolungato e fastidioso del primo mattino.
Driiiiiiiiiiiiin!
Rimasi a fissare, mentre la lingua mi penzolava ferma fuori dalla bocca.
Dopo pochi attimi una marea di cuccioli a due zampe urlanti si riversò fuori dalla grande tana, rimanendo tuttavia intrappolata dentro il grande recinto.
Lì cominciarono a divorare il cibo che custodivano nelle mani, diffondendo nell’aria quelle fragranze, che avevo avuto già modo di annusare poche ore prima.
Bau, che fame!
Trascinato dalla scia di odori, arrivai alle fredde sbarre del recinto e, infilatovi in mezzo il musetto, aspettai lì con il mio miglior sguardo supplichevole: avrei fatto di tutto per ottenere una briciola di qualcosa.
E il mio impegno venne premiato!
<<Ciao bello!>> mi disse un piccolo due zampe avvicinandosi <<Vuoi un pezzetto del mio panino?>>
Ed era una domanda da fare!!
Iniziai a guaire piano, sommesso, frustando l’aria con la coda.
Che delizia! Non ricordo di aver mai mangiato nulla di altrettanto gustoso.
Nei giorni che seguirono, tenni d’occhio quel tipetto: all’entrata nella grande tana, che scoprii chiamarsi scuola, durante i momenti di gioco dentro il recinto, all’uscita.
Era bello poterlo incontrare ed io, dopo un tempo che mi era parso infinito, cominciavo a risentirmi finalmente felice.
E così, sempre accucciato nel medesimo posto, aspettavo con ansia ogni nostro “appuntamento” che, per quanto di poca durata, vivevo colmo di gioia.
In breve imparai che il piccolo veniva chiamato Stefano e che dopo la scuola si rinchiudeva in una tana alta alta poco distante dal mio tunnel, che da quel fatidico giorno era purtroppo diventato il mio rifugio.
Notai pure che c’erano due grandi due zampe che si curavano di lui: uno, detto nonno, aveva il pelo grigio e camminava zoppicando; l’altro, invece, aveva un pelo lunghissimo, profumatissimo, ed era solito accarezzare amorevolmente la testolina di Stefano, togliendogli, non appena usciva da scuola, quella pesante gobba che portava sempre sulle spalle.
Lui chiamava quel dolcissimo due zampe…mamma.
Ogni giorno, da quel giorno, Stefano condivise con me parte del suo panino e briciola dopo briciola diventammo amici.
Da dietro le sbarre del recinto, rimanevo volentieri a guardarlo, con devozione. Mi piaceva osservarlo mentre giocava, saltava… si divertiva con i suoi simili.
Che bello, però, sarebbe stato poter correre tra loro… con loro!
Lentamente cominciai a desiderare di far parte di qualcosa, di appartenere a qualcuno e col tempo riconquistai fiducia in quel mondo che avevo visto popolato da esseri in grado di fare soltanto soffrire.
Un istintivo, forte sentimento di fedeltà iniziò così ad affacciarsi al mio giovane cuore e…
<<Ho deciso! Stefano sarà il mio nuovo due zampe>> mi dissi una notte dopo una lunga riflessione.<<Devo convincerlo a tenermi con sé!>>
Da allora lo seguii continuamente, come un’ombra, con la speranza che prima o poi si decidesse a prendermi con lui.
E come si dice “Chi la dura la vince”.
In principio, confesso, non fu affatto semplice, soprattutto perché la mamma dal pelo lungo non aveva molta intenzione di accogliere animali in quel posto alto alto in cui vivevano. Stefano, però, fu bravissimo e la convinse. Non subito, ma la convinse.
Ora sono davvero felice: ho una bella tana, calda e confortevole, un delizioso due zampe che mi coccola e si occupa di me e altri che mi vogliono comunque un gran bene.
Sapete, ho anche un nuovo nome. Quale?
Briciola!