Letteratura per l’infanzia – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa Settima edizione 2007
Domenico Tirino
I tre figli del mercante
Tanti anni fa, in un paese lontano, viveva un mercante molto ricco che si chiamava Erik, da tutti soprannominato il Viaggiatore perché, a causa del suo lavoro, era sempre in giro per il mondo.
Erik aveva tre figli maschi e una moglie che aspettavano sempre con ansia il suo ritorno a casa, perché lo amavano molto e soffrivano per le sue lunghe assenze.
Quando furono grandi abbastanza, i due figli maggiori cominciarono ad aiutare il padre nei suoi affari: soprattutto organizzavano la disposizione delle merce nei magazzini, le piccole spedizioni nei dintorni e il lavoro degli operai.
Il più piccolo, invece, che si chiamava Elikon, aveva la passione della poesia e della musica. Fin da ragazzino se ne andava per piazze, mercati e fiere a recitare le sue poesie accompagnandosi con un liuto. Il padre non era del tutto entusiasta di ciò, ma pensava che finchè era un ragazzo, poteva dedicarsi tranquillamente a quel passatempo.
Così passarono molti anni.
Un giorno, al ritorno da un lungo viaggio, Erik riunì i suoi tre figli e disse: “Miei cari figli, è arrivato ormai il momento che ognuno di voi si sposi. Siete in grado di badare a voi stessi, e io sto invecchiando. Dividerò i miei averi e vi lascerò la mia attività di mercante che, come sapete, è ben avviata e redditizia”.
I ragazzi approvarono ma, al momento, nessuno dei tre sapeva decidere chi sposare.
Allora il padre disse:”Deciderà la sorte”, quindi prese il suo arco, portò i figli in giardino e ordinò al primo figlio di tirare la freccia nella direzione che preferiva.
Senza discutere, il primo figlio dispose la freccia sulla corda, si volse verso nord, dove abitava la bellissima figlia di un mercante di stoffe preziose, e tirò con tutta la forza che aveva.
La freccia salì alta nel cielo, disegnò un ampio arco poi discese e cadde proprio sulla casa del mercante di stoffe preziose.
Ricevuta subito la richiesta di matrimonio, costui fu molto contento di dare la figlia in sposa al primo figlio di Erik, che era un giovane forte, onesto e di bell’aspetto. Il matrimonio fu fissato per il mese successivo.
Il giorno dopo toccò al secondo figlio. Si recarono di nuovo tutti in giardino, il ragazzo dispose la freccia sull’arco, si voltò verso sud, dove abitava la graziosa figlia di un grande proprietario terriero, e tirò forte la freccia. Dopo un lungo volo essa cadde proprio sulla casa del grande proprietario terriero.
Ricevuta subito la richiesta di matrimonio, anche costui fu contento di dare in sposa la figlia al secondo figlio di Erik, conosciuto da tutti per la sua eleganza ed educazione, nonché per la sua intelligenza negli affari. Il matrimonio fu fissato per il mese successivo.
Il giorno dopo fu la volta del terzo figlio del mercante.
Alla presenza del padre e dei fratelli, Elikon dispose la freccia sull’arco e, non sapendo dove indirizzarla, cominciò a ruotare su sè stesso. Dopo svariati giri, lasciò la corda che teneva ben tesa e la freccia partì. Essa stava ancora salendo nel cielo quando fu presa al volo da una rondine che apparve all’improvviso.
Tutti i presenti furono presi da un grande stupore nel vedere quello strano avvenimento. Il padre allora decise che Elikon avrebbe tirato la sua freccia il giorno dopo.
Passato lo stupore, Elikon pensò che quello era un segno del destino. Qualcuno gli voleva dire che il suo compito era quello di scrivere versi e cantarli per le strade del mondo, e non quello di sposarsi e dedicarsi agli affari.
Il giorno seguente, dopo aver scrutato il cielo e aver visto che era vuoto, Elikon tese l’arco, ruotò più volte su se stesso e scoccò la freccia.
Mentre essa saliva veloce nel cielo, la rondine apparve all’improvviso, l’afferrò al volo col becco e volò lontano.
Ormai non c’era più dubbio: qualcosa di misterioso stava succedendo. Il padre e i fratelli di Elikon parlavano tra loro e sul viso avevano dipinto la paura. Pensavano che al ragazzo sarebbe capitato qualcosa di terribile e tremavano per lui. Il giovane cantastorie, invece, non aveva paura, ma solo una grande curiosità di scoprire quel mistero.
Lui aveva un cuore di poeta, perciò continuava a pensare che quell’uccello volesse solo dirgli che non doveva abbandonare la poesia per sposarsi e dedicarsi agli affari.
Perciò non esitò ancora: si mise a correre e seguì, finchè potè, il volo dell’uccello.
Quando vide che la rondine, sempre tenendo ferma la freccia nel becco, si dirigeva verso il bosco, anche lui si diresse lì.
Prima di inoltrarsi, però, ebbe un dubbio: lui aveva sempre vissuto in città, non sapeva bene orientarsi in un bosco, se si fosse perduto? se avesse incontrato un branco di lupi o altri animali feroci? “Accada quel che accada”, disse e penetrò tra i fitti alberi del bosco.
Così girò tutto il giorno, guardava dappertutto, in alto tra i rami e le foglie, in basso tra i piccoli arbusti, tra i cespugli. Niente, la rondine non c’era.
Arrivò la notte, il bosco si animò di mille suoni e mille rumori, che misero addosso ad Elikon un po’ di spavento.
Tuttavia si fece coraggio, salì su un albero per proteggersi da eventuali pericoli e aspettò che arrivasse il nuovo giorno.
Quando l’alba cominciò a rischiare il bosco, Elikon scese dall’albero e, poiché aveva fame, raccolse delle bacche e le mangiò. Esse erano amare, ma non c’era altro.
Poi si avviò, ma qual era la sua meta? Intorno vedeva solo alberi e alberi! Migliaia di alberi.
Passò mezza giornata a vagare inutilmente, continuava a guardare ovunque, ad ascoltare ogni rumore di foglie o rami, ogni verso d’uccello, ogni ronzio d’insetto. Nonostante le difficoltà lui era sicuro che al più presto avrebbe trovato la rondine e avrebbe scoperto il mistero.
Così tra speranza e delusione passò un altro giorno e poi un altro ancora.
Nel pomeriggio del quarto giorno, stanco di camminare, Elikon si sedette sotto un altissimo pioppo, chiuse gli occhi e si addormentò.
Ad un tratto fu risvegliato dal rumore di qualcosa che cade.
Guardò alla sua destra e vide le due frecce che lui aveva scoccato e la rondine aveva preso al volo e portate via. Immediatamente voltò lo sguardo in alto e vide la rondine su un ramo.
L’uccello fece sentire al bosco il suo bel canto per qualche minuto, poi scese in volo dall’albero e si posò sulla spalla del giovane.
Elikon prima lo guardò poi lo prese in mano delicatamente e cominciò ad accarezzarlo.
La rondine sembrava gradire quelle carezze perché con la testolina premeva contro il palmo della mano di Elikon, simile al gatto quando fa le fusa.
Preso da una grande tenerezza, Elikon protese le labbra e le diede un bacio sulla testina, tra il becco e gli occhi.
Appena le labbra del giovane si posarono sulla testa dell’uccello esso si trasformò in una splendida fanciulla.
Elikon sobbalzò e indietreggiò, per la prima volta spaventato da quando era cominciata quell’avventura.
Ma la giovane gli sorrise gentilmente e disse:
“Non aver paura, mio salvatore, non voglio farti del male! Non sono una strega, né una fattucchiera malvagia, né un altro mostro crudele”.
Elikon rimase muto e sorpreso ad ascoltare la voce meravigliosa di quella giovane che gli raccontò tutta la sua storia:
“Mi chiamo Celeste e sono la figlia del re. Una strega cattiva e invidiosa mi ha trasformata in uccello. Solo un giovane dal cuore puro e coraggioso avrebbe potuto salvarmi, vagando nel bosco per almeno tre giorni e tu ci sei riuscito. Ora andiamo” disse prendendolo per mano, “accompagnami da mio padre che sicuramente ti darà una grande ricompensa per avermi liberata dall’incantesimo”.
“Ma come facciamo ad uscire dal bosco? Sono già quattro giorni che ho perduto la strada!”
“Non temere, ho imparato bene la strada vedendola dall’alto, quando ero una rondine” e tenendolo per mano si incamminarono.
Usciti facilmente dal bosco, Elikon pregò la principessa Celeste di concedergli una breve sosta a casa, perché i genitori e i fratelli dovevano essere in pensiero per la sua lunga assenza.
Rassicurata la sua famiglia, il giovane riaccompagnò Celeste alla reggia del padre. Il viaggio durò un giorno intero. I due giovani parlarono molto ed ebbero modo di conoscersi meglio.
E’ inutile dire che il re, quando vide Celeste, fu immensamente felice, la strinse a sé e la baciò mille volte e mille ancora. Così anche la regina che ormai non sperava più di rivederla.
Piangendo di gioia, il re si rivolse ai presenti e proclamò un mese di festeggiamenti per il ritorno della figlia adorata.
Poi si rivolse ad Elikon, che se ne stava silenzioso in disparte ad assistere a quella scena commovente, e disse:
“Tu, caro ragazzo, mi hai restituito mia figlia che credevo di aver perduto per sempre. Niente può ricompensarti adeguatamente per avermi reso questo nobile servizio. Perciò, se tu sei d’accordo e se anche Celeste è d’accordo, come segno di eterna riconoscenza io ti offro in sposa mia figlia”.
I due giovani si guardarono e questo bastò per far capire al re che entrambi accettavamo la proposta e ne erano felici.
Le nozze furono fissate per il mese successivo e avvennero nello stesso giorno di quelle dei due fratelli di Elikon. Il re fu lietissimo di offrire ai suoi ospiti un magnifico banchetto, accompagnato da canti e danze fino all’alba.
Erik il Viaggiatore, in quell’occasione fu visto piangere per la prima volta in vita sua. Era orgoglioso dei figli che Dio gli aveva dato e della loro buona sorte.
Elikon visse alla corte del suocero dedicandosi, tra le altre cose, soprattutto alla poesia. I suoi versi erano apprezzati da tutti, in particolare da Celeste che glieli ispirava.
Passarono molti anni.
Quando il vecchio re morì, Elikon prese il suo posto e, anche da re, non smise mai di scrivere le sue poesie.
Regnò a lungo e fu un sovrano giusto e generoso, amato e stimato da tutti, eppure i suoi sudditi, più che per le sue virtù, lo ricordarono per sempre come il Re Poeta.