Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Ottava Edizione – 2009
Paolo Pergolari
L’assoluto imbarazzante
Un suono lugubre di campana si diffuse all’improvviso nella stanza buia, rintocchi freddi e profondi ruppero un silenzio sepolcrale e la Morte si svegliò. Come ogni mattina la Morte fu distolta da oniriche avventure e si svegliò nel suo solito letto. Vagamente contrariata pensò chissà quando avrebbe potuto restare al calduccio qualche minuto in più, e si rigirò sotto le coperte cercando di scaldarsi i piedi gelati, ma non riuscì a trovare una posizione soddisfacente.
Infastidita dai rintocchi di campana della sveglia si stiracchiò facendo scricchiolare tutte le ossa e si alzò dal letto, all’ultimo rintocco la Morte era già in piedi. Nella stanza c’era cattivo odore, le pareti grigiastre spiavano nel buio e per sottrarsi a quello sguardo la Morte si sollevò. Cercò le ciabatte e imprecò contro quelle ciabatte che si nascondevano sempre, e così ciabattando andò al bagno. Si guardò allo specchio e davanti a l’altra se stessa provò un senso di disagio, non che il suo aspetto la interessasse in modo particolare, anzi, era ben soddisfatta dei suoi denti gialli e cariati, ma in quel momento il suo viso le dava l’impressione di essere piatto, alquanto spento, troppo scheletrico, e le rughe, poi. Le rughe su quella pelle incartapecorita le procuravano un sottile fastidio e notò che le sopracciglia le crescevano in fretta e sempre più cespugliose e i capelli, invece, le cadevano e lei, la Morte, li guardò i suoi capelli brizzolati, erano sì sporchi, ma soprattutto radi. La Morte abbassò lo sguardo bovino e imprecò di nuovo, sembrava che quella giornata, così simile a tante altre, stesse iniziando proprio male. Comunque, spazzolò con le mani ossute i vestiti che aveva indosso, sempre i soliti, si avvolse nel tabarro nero, prese l’inseparabile falce appoggiata al muro ed uscì.
Sicché alle 11 esatte la Morte, puntuale, si presentò all’Ipermercato, alta, imponente, cupa, terribile nell’aspetto, entrò facendo scorrere con violenza le porte automatiche ed avanzò con lo sguardo arrogante e minaccioso del prepotente, s’incamminò lungo la corsia centrale, quella dei tonni, delle acciughine, dei sottaceto e delle carni in scatola, poi si fermò con la falce in mano pronta a brandirla… ma nessuno se ne accorse.
In quel momento le persone, gli esperti consumatori, s’intrufolavano come anguille nelle file, si perdevano nel labirinto delle corsie, e con occhi di falco leggevano sugli scaffali, anche su quelli più in alto, le offerte migliori, e quegli stessi occhi erano poi i tasti delle loro personali calcolatrici con le quali valutavano e confrontavano prezzi e vantaggi, con le quali soppesavano prodotti anche inutili, ma certamente convenienti.
Così la Morte si ritrovò in mezzo ad orde fameliche a caccia di detersivi, a barbare schiere indaffarate a saccheggiare patatine e bibite, a eserciti di formiche impegnate ad accaparrare pelati, paste, utensili, cassette, cd, e tanto altro ancora, tutto senza tregua e fino alla consunzione, e sconcertata la Morte ascoltò la voce di quel popolo famelico…
“Alessia, prendi due lattine di olio di semi di carruba, ch’è conveniente… Matteo, dove sei?, vuoi le merendine allo yogurt per colazione?… Mario, dammi una mano, prendi lassù tre confezioni di ammorbidente ché pesano tanto… Mamma m’ha detto che le pesche sciroppate sono buonissime, tu Luigi le vedi?… Chissà dov’è quell’anticalcare… quell’antipolvere… quell’antiodore…”
“Qui è peggio dell’inferno…” commentò la Morte esterrefatta e in quel momento si accorse che là, ferma in mezzo alla corsia centrale stava rallentando il traffico, anzi, sembrava un sasso in mezzo al fiume e le sue guance, alquanto scarne e smorte, si colorarono d’un rosa pallido per lo sdegno nel sentirsi pressata, nel vedersi urtata da decine di carrelli stracolmi che zigzagavano per le corsie a folli velocità, che si scontravano agli incroci, che retrocedevano come camionisti impazziti.
E la Morte sollevò il braccio scheletrico e con quel braccio minaccioso urlò che dovevano prepararsi a morire, stolti mortali, ch’era venuta a prenderli, eh eh… che la smettessero di arrabattarsi per miseri formaggini… che lasciassero le gioie degli yogurt e pensassero di più alle loro anime immonde… che l’ora era arrivata, eh eh…. “Estote parati! Estote parati!”, urlava la Morte, “State attenti, state sempre in campana…”
Ma dall’alto pioveva forte una musica incessante, e ancora più potente di quella della Morte una voce roca confessava… Voglio una vita spericolata… voglio una vita come piace a me… o pressappoco, e dal basso un’altra voce celestiale dichiarava a tutti… Stiamo servendo il numero ottantuno… Stiamo servendo il numero ottantadue… Così nessuno ascoltò l’ira e lo sdegno della Morte. Solo una vecchina disse… “Signora, signora, la carta da parati è laggiù dopo lo scaffale dell’intimo…”
Allora la Morte sgattaiolò come sua abitudine e si avvicinò a due persone che discutevano animatamente e proprio là c’era un bancone e dietro c’erano filari di pane di tutti i tipi e le forme, tondi, lunghi, senza sale, francesi, pugliesi, cotti a legna, a micro-onde, poco cotti, bruciati… e i due gentiluomini vociavano per accaparrarsi l’ultimo panino all’olio…
“L’ho chiesto prima io…”
“E no, caro signore, c’ero prima io…”
“No, non è vero, lei è arrivato dopo di me, Francesca diglielo anche tu che toccava a noi…”
Ma Francesca aveva gli occhi lucidi davanti ad una confezione extra di lavapiatti e con quegli occhi amorevoli Francesca accarezzava il liquido verde nelle sue mani, che per di più le offriva un paio di guanti di gomma affinché i piatti fossero lavati con piacere e non con dolore…
E la Morte provò a dire… “Scusate io sono la…”
Macché. Non riuscì ad aggiungere altro.
“Non ci si metta pure lei, signora, faccia la fila piuttosto!”
Così fu rimproverata, allora la Morte si rigirò, delusa e sconsolata, e prese per una corsia, proseguì per quel girone infernale e alla fine della corsia, prima dell’inizio di un’altra, là dove c’era un po’ di spazio, si sentì chiamare… “Scusi signora, ha un attimo di tempo per cortesia…”
La Morte si girò e a pochi passi di distanza vide un’avvenente ragazza… “Venga signora, un attimo solo, non le ruberò molto tempo…”
E la ragazza era alta, longilinea, bionda come le ragazze bionde della pubblicità, e la Morte le si avvicinò incuriosita e fu catechizzata da quella ragazza che reclamizzava prodotti di bellezza… “Lei signora, non si offenda, ha il viso un po’ palliduccio, alquanto emaciato, però tenebroso, dovrebbe far risaltare questa caratteristica… Noi donne, purtroppo, con il passare degli anni a volte ci trascuriamo, anzi, troppo spesso ci trascuriamo, capisco, la casa, la famiglia, ma dobbiamo riprendere in mano l’interesse per noi stesse… Lo sa lei, cara signora, perché gli uomini non ci guardano più?, perché appunto pensiamo troppo a loro e molto meno a noi stesse… Signora!, stia meno in cucina e passi più tempo davanti allo specchio, valorizzi questo suo sguardo triste, misterioso, quasi incredulo, usi un fondo tinta, leggero, delicato, senza nascondere ma esaltando un po’ della sua cupa bellezza… Ma prima direi, gentile signora, che lei ha bisogno di una crema idratante, perché la sua pelle è troppo secca, direi arida e squamosa in alcuni punti… soffre per caso di una qualche forma di psoriasi?…”
E la Morte ascoltava attenta…
“Sissignora, lei è fortunata, perché questa è una promozione, e se lei prende la crema che ha in mano più le altre due suo marito la bacerà sulla bocca per quanto sarà riuscita a risparmiare, perché paga soltanto due prodotti, vede signora, questa è la nostra straordinaria offerta: prendi tre e paghi due…”
E la Morte sorrise… Benedetta fanciulla, pensò tra sé, anch’io sono qui per lavorare e tu nemmeno immagini quanto sei stata sfortunata ad incontrarmi… E la Morte tirò a sé la falce, l’afferrò con entrambe le mani e già concepiva un drammatico necrologio… “Giovane commessa stroncata all’Ipermercato nel verde fiore degli anni…” Ma sentiva premere alle sue spalle…
“Senta!, se ha terminato può togliersi per favore?, mica vorrà prendere tutte lei ‘ste creme!”
E la Morte si girò e dietro vide una moltitudine di gente a braccia sollevate, una moltitudine che reclamava bellezza, la bellezza della crema miracolosa, e la commessa, quella bella ragazza, faceva quel miracolo come Cristo sul lago, e distribuiva bellezza come pane e pesci, prendi tre paghi due, prendi sei paghi quattro…
Sicché la Morte venne sospinta via, respinta, allontanata. Era letteralmente incredula, mentalmente esausta, appoggiò la falce e si lasciò cadere sulla poltrona del salotto e per un po’ rimase sconsolata a meditare.
Cioè, a meditare fino a quando due ragazzine in minigonna, con due zatteroni ai piedi e cento anellini conficcati tra naso e orecchie, non le sollevarono con aria intenditrice il pesante tabarro, e la Morte si ritrovò così scoperta a mostrare due stinchetti indecenti e in più una rotula grande quanto una patacca, e una ragazzina diceva… “Che forte ‘sto mantello!”, e l’altra… “Aivoglia s’è bello!, è proprio figo…” E la prima di nuovo… “T’immagini per autunno?, abbracciati con Marco in mezzo a ‘sta stoffa?”
E la Morte, a questo punto, non aveva veramente più parole, un fremito d’ira a lungo repressa le fece tintinnare tutte le vertebre, digrignò i denti e si alzò in piedi, stava per urlare di nuovo ma questa volta le era venuta una gran voglia di sollevare la falce e di colpire all’impazzata, per decapitare lì, davanti a sé, quegli esseri senza patria, per spargere nel tempio sangue e maionese, per mietere vite e barattoli, per trafiggere cuori e succhi di frutta, per infilzare supponenze e surgelati, allora sì, l’avrebbero riconosciuta…
E mentre la Morte immaginava tutto questo in piedi, immobile, sentì un frugoletto esclamare convinto… “Mamma, guarda, uno scheletro grande grande… me lo compri?”
“Ma cammina, va’… Chissà che ci fai, ne hai già tante di ‘ste schifezze…” rispose la mamma.
“Ma io lo voglio…”
“E dove lo metti?”
“Vicino al lettino…”
“Ma non senti come puzza?, chissà con cosa l’hanno fatto…”
“Ma io lo voglio!”
“Vieni via, troppa televisione, ecco com’è… Papà tuo dice di no, invece… See, lo scheletro, ci manca pure quello dentro casa, non ti basta quella mummia di tua nonna?, vieni via, va’…”
Annichilita, la Morte era letteralmente annichilita, non aveva nemmeno più la forza per reagire, era consapevole che qualsiasi cosa avesse fatto l’avrebbero ignorata, forse l’avrebbero scambiata per un giocattolo, un robottino, magari un tosaerbe… Ma dove sono capitata?, si chiese, questi non sono esseri umani, questi qua sono già morti, per loro non serve più la falce… già, la falce…
E così sconsolata la Morte si girò per riprendere in mano il suo fedele strumento di lavoro, ma ohibò, la falce non c’era più…
Perdinci!, eppure l’ho appoggiata alla spalliera della poltrona, pensò la Morte con il sangue raggelato… Sì, me lo ricordo, l’ho appoggiata proprio qua… E si inginocchiò per vedere sotto la poltrona pensando che fosse caduta, invece niente e, guarda e riguarda, la falce era sparita.
Allora la Morte, con passo lento e pensieroso, trascinando il lungo mantello, si avviò triste e demoralizzata verso l’uscita dell’Ipermercato e, ad una cassa, si accodò alla fila di persone. Vide la cassiera contabilizzare gli acquisti che arrivavano su un nastro in movimento, e la Morte s’illuminò, riconobbe la sua falce, era in mano ad un signore una decina di clienti più avanti e gridò disperata… “Quella falce è mia!… Sì, è mia la falce…” e tentò di farsi largo.
“Ehi lei, maleducata”, si lamentò la signora strattonata e la Morte fu subissata da un coro di proteste… “Aspetti il suo turno… Ma chi crede di essere… I soliti furbi… Adesso tutti si credono in diritto di non fare la fila… E non chiede nemmeno per piacere…” Così si lamentarono tutti.
Intanto… “La falce, la falce”, implorava la Morte, ma già il signore aveva pagato e si stava perdendo tra la folla dell’Ipermercato, allora la Morte, disperata, si fece largo spingendo rabbiosamente, scavalcò tutti e proprio di fronte alla cassa iniziò a suonare una sirena d’allarme.
“Fermate quella tizia…” disse la cassiera. “Fermatela!” E poi dietro i soliti commenti… “Ma che ha combinato?… Non lo so… Non ha pagato la falce…”
Al di là della cassa la Morte mostrò due occhi stanchi e depressi, con quegli occhi lì si voltò verso la cassiera prima e dopo verso i clienti, si sentiva completamente vuota, avvilita, forse anche colpevole, perciò fuggì via lasciandosi alle spalle una corrente d’aria fredda. A qualcuno parve di udire questo triste lamento… “La falce… Tanto a che mi serve?…”
E quel giorno la Morte vagò disperata per la città, vagò molto e senza meta e mai come quella sera fu contenta di ritornare a casa e di ritrovare le sue solite cose, i mobili impolverati, i piatti sporchi nel lavandino, alcuni panni in giro, sul letto o appoggiati sul tavolo. Si sentiva molto stanca, addirittura esausta, decise di non mangiare niente, si tolse il tabarro e mentre lo appoggiava sulla spalliera di una sedia sentì un rumore, guardò nella tasca interna e si ritrovò in mano un vasetto di crema, la crema miracolosa. Allora si ricordò della ragazza, quella bella ragazza prendi tre paghi due, si ricordò dell’allarme che era suonato quando era passata davanti alla cassa. Tra tanta confusione aveva preso la crema senza rendersene conto, la Morte sorrise, sorrise per la prima volta, poi andò in bagno, si guardò allo specchio, aveva un volto cadaverico, sbattuto come dopo un incidente d’auto, spento, gli occhi infossati, la pelle appariva screziata… e la crema prometteva miracoli, chissà se è vero, si chiese la Morte, allora svitò il tappo, la crema emanava un buon odore, la Morte ne prese un po’ sul dito, la guardò, era trasparente e iniziò a passarla sul viso… Se mi fa bene ne compro di più, costa un occhio della testa, però se vale la pena…
Poi, la Morte s’infilò nel letto e fu avvolta da quella che le sembrava una buona fragranza, sentiva una piacevole sensazione di fresco sul viso… Certo che non è stata granché come giornata, pensò… Domani posso provare da un’altra parte… Potrei anche trasferirmi, andare in mezzo a qualche bella guerra, tanto ce n’è sempre una in giro per il mondo… Ci penserò, e spense la luce.
Paolo Pergolari
Paolo Pergolari, nato a Foligno nel 1949, inizia la sua attività nel 1973 come ricercatore presso l’Università degli Studi di Perugia ma si dedica, nel frattempo, al teatro con il gruppo “New World” e coltiva la passione per la pittura allestendo alcune mostre nella sua città natale e a Perugia nel 1980. Laureato in biologia, dal 1977 lavora in qualità di dirigente alla Regione Umbria.
Ha pubblicato tre romanzi: “Le dolci viole il pensiero” (1990, Ediz. Protagon, Premio Augusta Perusia) e, presso le Edizioni Guerra, “I prigionieri il Palazzo” (1992, Premio Cesare Caporali – Accademia Masoliniana; finalista Premio Minturnae) e “Circostanze di famiglia” (1994, secondo premio alla XVIII edizione il “Calabria ’79). Ha pubblicato, poi, la raccolta di racconti: “L’assoluto imbarazzante” (Edizioni Guerra – 2004).
E’ risultato vincitore di diversi premi letterari nazionali tra i quali il Premio Faverzani di S. Daniele Po, il Concorso nazionale “Riviera Adriatica” di Ancona, il Premio di narrativa e poesia: “Comune di Nibionno”, il Premio Manarino di Coreglia Antelminelli, il Premio “Artepoesia a Montepulciano”, il “Premio Comune di Druento” (per due anni consecutivi), il Concorso “Un prato di fiabe” di Prato, il Premio letterario “Campagnola” della provincia di Padova, il Premio Licurgo Cappelletti di Piombino, il V Concorso Laghese bandito in provincia di Ferrara, il Concorso “Tre Ville” di Treviglio, il premio letterario organizzato dalla biblioteca “Poggio dei Pini” di Capoterra (CA), il premio letterario “Rocca Flea” organizzato a Gualdo Tadino (PG), il “Premio Container” di Colleferro (Roma), il “Premio Città di Savona”, il Manara Valgimigli per la letteratura bandito dal Comune di Coreglia Antelminelli in Provincia di Lucca e il Premio “Donne di Monferrato” di Casale Monferrato. E’ anche risultato vincitore del Concorso “Il racconto nel cassetto” – Sezione: Fiabe e Storie per bambini – indetto dall’Associazione Libera Italiana di Villaricca (NA), del Premio letterario “Kriterion” di Avellino, del Concorso letterario “Una storia sbagliata – 2007 bandito in occasione della manifestazione che la città di Tempio Pausania dedica a Fabrizio De André ed, inoltre, è risultato vincitore il Premio letterario “Città di Mesagne” bandito in provincia di Brindisi.