Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Prima Edizione – 1995
Secondo Premio
Marianello Marianelli
La spottosi
Rammento il primo caso, sei anni or sono, a sera avanzata, ormai quasi vuoto l’ambulatorio. Venne Rosetta Rosi, una donna minuta e muta, madre, disse il marito, di due figlioli, da sette anni a servizio in tre famiglie diverse, dodici ore al giorno, la sera mangiava un boccone e si addormentava guardando la tivù.
– “L’hanno licenziata.”
– “Perché?”.
– “Lo chieda a lei.”
– “Perché, signora?”
Silenzio.
– “Mi dica, signora, perché?”
La donna alzò a fatica gli occhi nocciola che si riempirono di lacrime mentre gridava: “Cipria Mughetto, / culetto perfetto”.
– “Da qualche giorno non sa dire altro”, spiegò il marito, “per questo l’hanno cacciata.”
Ordinai uno psicofarmaco leggero. Non riuscivo a ricordare dove avevo già sentito quella frase.
Il giorno dopo, secondo caso, il riso furbesco di Severino Placido, dodici anni, accompagnato dalla madre che mi porse un quaderno: “Guardi l’ultimo tema”. Lessi: “Tema: Che cosa vorresti leggere nelle vacanze?”.
Lo svolgimento era una frase, ripetuta in limpida calligrafia per due pagine e mezza: “Leggere attentamente le istruzioni”.
Lo guardai: “Ti si vede negli occhi che hai fatto uno scherzo al professore. è vero?”.
– “Non è vero. Leggere attentamente le istruzioni.”
– “La cura per te ce l’avrei, Severino. Tre scapaccioni prima dei pasti. Lo so che, se vuoi, parli normale.”
– “Normale, dottore. Leggere attentamente le istruzioni.”
– “Fa così da ieri mattina”, sospirò la madre, “a ogni frase che dice, aggiunge quelle parole. Anche a scuola, quando viene interrogato, e tutti gli fanno coro. L’hanno sospeso.
– “Ritorni fra una settimana, vedrà che si stanca.”
Il terzo giorno andai in corte d’assise a sentire Nuccio, Nuccio Dinucci, un giovane penalista, figlio di un principe del foro e mio carissimo amico scomparso da poco. Per tre quarti d’ora, come difensore in un processo indiziario per omicidio, incantò tutti con la forbitezza e la forza del suo argomentare e concluse con queste parole: “Chiedo alla corte, pertanto e soltanto, un giusto verdetto, non un verdetto clemente”. Poi, dominando con la voce l’applauso a stento frenato dal campanello del presidente, gridò, come preso da un raptus: “Perché, signori della corte, il preservativo Clemente fa l’orgasmo intelligente”.
Si scatenò un putiferio mentre Nuccio, gettando la toga, scappava da un’uscita secondaria. Lo raggiunsi, mi guardò con gli occhi spiritati, feci appena in tempo a dirgli di venire nel mio studio la mattina dopo. Venne, invecchiato di venti anni, poggiò i gomiti sul tavolo, la testa fra le mani, mi disse che, parlando in casa la sera, gli era successo due volte in mezzo al discorso (“è più forte di me, come un vomito”) e anche nel sonno, sua moglie lo aveva sentito gridare quella frase. Mi chiese di visitarlo. Non c’era bisogno, sapevo già che male aveva.
– “Che male, dottore, mi dica la verità”.
Guardandolo fisso negli occhi mi venne di dire una parola che non avevo mai sentita prima, dissi: “Spottosi, morbo da spot, corto circuito pubblicitario nel sistema mentale. Ho già altri due casi”.
Furono queste le prime tre schede, le più oscure, a me care, di uno schedario infinito, sempre più fitto di nomi più o meno famosi. In sei anni sono diventato, modestia a parte, il più famoso spottologo d’Europa dove l’epidemia fa più vittime e non meno danni della droga. Le cliniche sono piene, ambitissime le lauree in spottologia.
Come ebbi a spiegare in un mio manuale diffuso in tutte le lingue, la spottosi si manifesta in tre forme più o meno gravi: la spottosi “aggiuntiva”, provocata dallo spoteus additivus (come nel caso di Severino che aggiunge il suo spot, sempre lo stesso, alla fine di ogni suo normale discorso), quella “cronica”, dello spoteus perennis (come nel caso di Rosetta Rosi, condannata a ripetere per tutta la vita soltanto quella frase), e quella “intermittente”, dello spoteus intrusivus (che torna a colpire quando vuole, in mezzo a qualunque discorso, come è toccato al povero Nuccio).
La cura più semplice e giusta sarebbe la dieta, il paziente dovrebbe abolire o ridurre al massimo, per almeno tre mesi, il contatto con qualunque. focolaio del batterio, radio, giornali, tivù, insegne pubblicitarie; ma chi ne sarebbe capace, a parte le crisi di astinenza? La terapia più praticata è quella di sottoporre il paziente per ventiquattro ore a un flusso spottorio multiplo che a volte rimuove l’ostacolo psico-espressivo, ma è sempre seguita da un periodo di grave prostrazione. Da un anno a questa parte è molto diffuso un nuovo trattamento: quello di obbligare il paziente alla lettura ad alta voce di testi letterari da scegliere solo dopo un’anamnesi scientifica della cultura e dell’area politica del soggetto evitando di prescrivergli testi tendenziosi o dannosi alla sua psiche. Inutile dire che le USL non hanno ancora le attrezzature e il personale adatto. Nella clinica privata che dirigo da due anni ogni paziente è seguito da un’équipe composta da uno spottologo, uno psicologo e un esperto di letteratura per la scelta e il dosaggio ad personam dei testi da far recitare. A questo scopo gli ospiti sono sistemati in camere singole, anche se a volte qualcuno partecipa a terapie di gruppo con testi teatrali, particolarmente indicati, come “Il piacere dell’onestà” di Pirandello. Le corsie degli ospedali dove quindici o venti spotpositivi starnazzano di giorno e di notte i testi terapeutici più disparati, anche bellissimi (povero Goethe, povero Leopardi, senza contare gli autori scelti con leggerezza o, peggio, deplorevole malizia) sono vere bolge infernali.
Soltanto negli ultimi mesi qualcosa si è mosso sul piano della prevenzione almeno per i giovani, un esperimento, promosso dai ministeri della Sanità e della Pubblica Istruzione, in alcune classi campione della scuola media, dove agli alunni (previo consenso scritto dei genitori) viene richiesto, invece del solito tema, di formulare in un’ora di tempo due brevissimi spot, uno a piacere, uno su un determinato argomento come la nonna, lo zainetto, il proprio paese, il motorino, un animale domestico e via dicendo. Gli spot migliori vengono premiati, segnalati alla stampa, spesso adottati da enti pubblici, qualcuno perfino da privati. è troppo presto per dire se questo esperimento serva a stimolare, come un autovaccino, la resistenza attiva dei ragazzi al flagello della spottosi. Può comunque educarli a esprimersi con fantasia e concisione, e chissà che da questa sciagura non nasca la lingua del futuro, lo “spottese”.
Prima, però, di estendere la spottodidattica a tutte le scuole, stiamo attenti, come ho detto stamani al ministro interessato al mio parere, che il rimedio non risulti peggiore del male. E se domani qualche ragazzo si infettasse del suo proprio spot e continuasse a ripetere per tutta la vita, di giorno e di notte, soltanto, mettiamo: “Sono nato, e ci tengo, / a Casalpusterlengo”, oppure: “Viva viva la gallina / che fa l’uovo ogni mattina”, o: “Nel mio zainetto / ci metto di tutto”?
E se queste povere cavie finissero con l’ingrossare il numero già ingente degli infelici colpiti dal morbo?
Pensate solo a quante carriere, in questi anni, di politici, di accademici, di annunciatori, a quante famiglie, quanti amori e affari rovinati per sempre dal tragicomico insorgere del male nei momenti più intimi o più esposti della vita. E quanti mutamenti, poco a poco, nel tessuto fiorente dei mass media: pensate solo alla scomparsa delle trasmissioni in diretta, alla perdita del piacere tutto italiano di parlare in pubblico per la paura, quasi l’attesa di un corto circuito scatenato da una qualunque parola; pensate al crollo della stessa industria pubblicitaria, assediata dalle denunce e richieste di risarcimento di danni per contagio colposo.
Chissà perché stasera mi tornano alla mente quei miei tre primi pazienti, specialmente il povero Nuccio Dinucci che, quando il male non gli permise più nemmeno di scrivere se non quella misera frase, si avvolse nella toga che non metteva più da quella mattina e si sparò, primo di tanti nelle sue condizioni. Stasera vorrei averlo qui nel mio studio, gli direi quanto sia intelligente la cipria, ma che dico?, che legge il culetto, aiuto, attentamente, Clemente, il male mi prende, l’orgasmo, l’orgasmo perfetto della gallina, mio Dio, a Casalpusterlengo, devo fermarmi, zainetto, amici, Mughetto, scusatemi, addio.