Premio Letterario Internazionale Merano-Europa Quarta edizione 2001
Guido Zavanone
Stagioni
Inverno, la più calunniata tra le stagioni
se vita già vissuta, se speranze deluse
nell’oblioso grembo del nulla deponi
altra vita e nuova generi e cresci
e par che nulla muova
poi verrà primavera con fronde e colori
a riaccendere ardori e nei giovani cieli
curvare l’iride
di fugaci illusioni
e l’estate verrà con sue folli pupille
e scintille trai rami a mostrarti l’ordito
d’un lungo sogno che ha il volto
o la maschera dell’infinito…
ma è l’autunno
la stagione aborrita.
L’autunno sta all’inverno
come alla morte pietosa
il crudele morire. E tuttavia
al primo quieto suo volgere
una dolcezza rassicurante ti guarda
dai cieli profondi velati di mistero,
risplende lieta di luminosi colori
il giallo e il rosso vi dominano – inventa
la danza gentile dei boschi al suono
di delicate brezze.
Ma ecco un brivido lungo
percorre il caldo corpo della terra
e quanto in essa alita e spera atterrisce;
la dorata eredità dell’estate
sconvolgono la saettante folgore, la cupa
minaccia dei tuoni
proni i rami alla terra si piegano
sotto la sferza feroce del vento.
Quando un cielo illividito squarcia
improvviso i suoi veli, s’apre
in buie e voragini, in piogge scroscianti, s’avventa
con odio contro ogni forma di vita.
Allora la promessa tradita scopre
le ragioni dubbiose del cuore, l’uomo
scava in se stesso l’ulcera
tormentosa delle domande senza risposta.
Ora l’autunno, riposto il furore,
con fredda determinazione dà corso
al suo operare più subdolo
ciò che ha percosso avvolge premuroso e scolora
con fitte nebbie e diffusi umidori, lo senti
per i cunicoli della terra, sul fondo dell’anima
che passa, che striscia e al suo viscido tocco
si degrada, si disgrega, imputridisce il mondo. Così
senza combattere, senza rumore, lentamente
tutto, dentro e fuori di noi, s’arrende
e muore.