Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Seconda Edizione – 1997
Secondo Premio
Viviana Cattale
La baronessa von Campesanten
Questa volta aveva veramente esagerato, però il mazzo di crisantemi che si era comperata era stupendo e, mentre camminava tutta impettita sulle Passeggiate, notava con immenso piacere che molte persone la guardavano con interesse. Teneva quel mazzo di fiori stretto al petto ed era così grande che sembrava camminare da solo; i suoi capelli bianchi avevano assunto una leggera colorazione giallognola e si mimetizzavano alla perfezione fra quegli enormi crisantemi color panna. Solamente soffermandosi a guardare più attentamente si sarebbero potuti scorgere due occhietti pungenti fra una corolla di petali e l’altra. Aveva sempre adorato i crisantemi e quando fiorivano i suoi balconi ne erano ricoperti per mesi e mesi.
Era proprio per questa sua grande passione che le vecchie amiche le avevano dato il soprannome di baronessa von campensanten ma ormai , da alcuni anni , nessuno la chiamava più così. Non si era mai sposata, aveva conosciuto ed assaporato il vero grande amore solamente in età avanzata e purtroppo, dopo solo cinque anni di immensa felicità, una tremenda malattia le aveva portato via questa sua unica gioia di vivere. Non aveva parenti ma solamente alcune carissime amiche che, inesorabilmente e sfortunatamente per lei, l’avevano preceduta nel grande regno dei morti.
E lei era rimasta sola, tremendamente sola. La voglia di vivere le era passata già da tantissimo tempo; si era stancata di piangere inutilmente sulla tomba del suo grande amore e serenamente su quelle delle sue care amiche; non parlava più con nessuno e nessuno si interessava a lei; se fosse morta nel suo appartamento, l’avrebbero scoperto solamente per il fetido odore che sarebbe emanato da sotto la porta. Perché vivere allora, per chi e per che cosa? Aveva studiato con la massima lucidità e nei minimi particolari il suo suicidio.
Il suo bell’appartamento, l’ottimo conto in banca e la sua pensione? Potevano farne ciò che volevano, nessuno avrebbe mai reclamato! Ma perché non lasciare tutto questo ben di Dio a qualcuno? E perché avrebbe dovuto farlo? Chi mai si era interessato a lei, chi mai le aveva chiesto se aveva bisogno di qualche cosa, se si sentiva sola, stanca, se aveva bisogno di compagnia, di fare quattro chiacchiere, una partitina a carte, di andare da qualche parte? Di una sola cosa era certa, anzi certissima : mai e poi mai sarebbe finita al cimitero comunale dove, forse, una mano caritatevole avrebbe ogni tanto tolto le erbacee incolte dalla sua tomba e messo un fiore, magari uno striminzito crisantemo, in occasione della ricorrenza dei Morti. No, questo proprio non lo avrebbe sopportato neppure da morta.
Per giorni e giorni aveva camminato su e giù, alla confluenza fra l’Adige e il Passirio, fino a trovare il luogo perfetto. Si sarebbe gettata lì, proprio in quel punto : l’acqua sarebbe stata abbastanza profonda e la corrente non troppo violenta. Voleva morire dolcemente, voleva morire come Ofelia nell’Amleto : si sarebbe adagiata leggermente sulle acque, con il suo bel mazzo di crisantemi stretto al petto, ed avrebbe galleggiato per un po’, quel tanto da riuscire a vedere per l’ultima volta il cielo.
E la corrente l’avrebbe trascinata dolcemente chissà dove e chissà quando e come avrebbero trovato il suo cadavere. In cuor suo sperava ardentemente che non lo potessero ritrovare mai più, perché le piaceva immensamente pensarsi un tutt’uno con la natura. Aveva portato i suoi bellissimi vasi di crisantemi sulla tomba del suo grande amore e delle sue carissime amiche ed aveva lasciato una grossa mancia al custode pregandolo di innaffiarli durante la sua lunga assenza “….Finalmente mi prendo una bella vacanza! Vado a trovare mio nipote in Canada.
Sono anni che non lo vedo e prima di morire voglio proprio prendermi questa soddisfazione!” Ed aveva anche lasciato il suo bel appartamento perfettamente in ordine e pulito. Ma perché e per chi? Però lo aveva fatto e poi, dopo aver controllato che il contatore generale del gas, dell’acqua e della luce fossero staccati, era uscita, aveva comperato un bellissimo mazzo di crisantemi e serenamente si era incamminata verso la confluenza. Non le era stato difficile ritrovare il punto esatto , c’era stata tante di quelle volte che ormai riconosceva perfettamente ogni sasso e ogni rametto; con il suo bel mazzo di crisantemi stretto tra le braccia , mosse sicura alcuni passi fra la melma sabbiosa del fiume quando notò un sacchetto di plastica impigliato fra i rami del cespuglio.
“Non ho mai capito perché a questo mondo ci sia della gente così incivile! Perché gettare le immondizie in un fiume, perché insozzare così la mia tomba?” Era sempre stata una donna tremendamente pignola e ordinata per sorvolare su un fatto del genere e non esitò un attimo a raccogliere quel sacchetto per riporlo sulla riva. Un flebile lamento e piccoli movimenti le fecero immediatamente intuire che dentro ci doveva essere un animale ancora vivo, gettò nell’acqua il suo bellissimo mazzo di crisantemi, ritornò sui suoi passi, si sedette su di un grosso sasso ed emozionatissima aprì quel sacchetto : c’era dentro un gattino rosso, probabilmente nato da pochissimi giorni, perché aveva ancora gli occhietti semichiusi ed era lungo sì e no dieci centimetri.
Era bagnato fradicio, tremava tutto, respirava affannosamente espellendo acqua dalle piccolissime narici, ma aveva ancora la forza di emettere qualche gemito. La baronessa von campensanten sollevò il maglioncino di lana e cercò di scaldare quel freddo corpicino bagnato con il calore del proprio corpo ; immediatamente quell’esserino smise di lamentarsi, cominciò a fare le fusa e lei sentì un musino gelido cercare disperatamente qualche cosa : quel micino aveva fame e doveva assolutamente mangiare al più presto!
Non aveva mai avuto per casa animali, neppure da piccola, ma ora doveva fare qualche cosa per quella povera bestiola e doveva farla subito! Se in quei momenti avesse partecipato alle Olimpiadi della Terza Età, certamente avrebbe vinto la medaglia d’oro nella specialità del chilometro lanciato, perché in pochi minuti raggiunse il più vicino negozio di articoli per animali. Non aveva con sé neppure cinquanta lire – tanto, a che le sarebbero servite – ma riuscì ugualmente a farsi dare due libri sui gatti, tre piccolissimi biberon, un barattolo di latte in polvere e una piccola cesta di vimini imbottita nella quale faceva rumorosamente le fusa un batuffolo di pelo rosso abbondantemente rifocillato, asciutto e riscaldato.
Da quel giorno la sua vita cambiò totalmente :ora aveva uno scopo per il quale vivere, ma non le bastava. I batuffoli pelosi diventarono due e poi tre, quattro, cinque e sei; sui suoi balconi rifiorirono i crisantemi ed altre gattare come lei cominciarono a frequentare il suo bell’appartamento chiamandola amichevolmente baronessa von campensanten. Casa sua era diventata il quartier generale al quale arrivavano richieste di aiuto ad ogni ora del giorno e della notte e dal quale si diramavano cospicue sovvenzioni per soccorrere e sistemare tanti, troppi, micetti e cagnolini soli e abbandonati.
Era impegnata e felice all’inverosimile, ma regolarmente e puntualmente una volta all’anno, nel giorno del suo mancato suicidio e della sua rinascita, comperava uno splendido mazzo di crisantemi, non proprio bello come quello che ora stringeva fra le braccia, si recava tutta impettita alla confluenza, in un punto ben preciso del quale conosceva a memoria ogni sasso e ogni rametto, e lo gettava sorridendo nelle gelide e tranquille acque dell’Adige e del Passirio.