Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Seconda Edizione – 1997

Massimo Cianetti

La prima nota

Questa notte, ultima mia notte sulla Terra, ti ho sognata e mi è venuta la voglia di scriverti una lettera. Ma non posso più farlo e così mi limito ad inviarti un messaggio mentale di addio. Mi sarebbe piaciuto alzarmi da questo orribile catafalco, gettare dalla finestra la chitarra elettrica con la quale mi vogliono seppellire, cercare un foglio pentagrammato e una matita, indirizzandoti questi pensieri d’amore. Invece mi devo accontentare di star qui disteso nel buio con gli occhi spalancati nel nulla a sentirti ancora vibrare nella mia mente, lasciando scivolare queste emozioni sulla superficie azzurrina e levigata dell’anima che si appresta a partire, sul pentagramma segreto di un cuore ormai freddo.

Per fortuna tutti se ne sono andati a dormire e adesso sono finalmente solo. Tu, dunque, sei la prima e unica nota che io ho davvero amato nel corso della mia vita finita così male. Non ti potrò mai dimenticare, ovunque vada, e mi fa piacere ora dirti queste cose. Ti ricordi? Avevo sette anni, eravamo a Parigi, all’ambasciata, e Vladimir, il mio primo maestro di musica, cominciò a suonare al pianoforte la Kreisleriana di Schumann. E proprio tu, la prima nota di questa struggente sinfonia, in quel preciso momento sei entrata dentro di me e ci sei rimasta attraverso gli anni, le guerre, le vittorie , le sconfitte, i dolori, le gioie, le disillusioni della vita.

Ti ho amata fin dal primo istante e ti amo ancora profondamente, al punto che quasi mi pare di sentire una specie di piacevole calore ritornare in queste membra fredde. Tu lo sai che sono sincero. Come non potrei esserlo, ora? Ho vissuto per anni rinchiuso con te e con il mio pianoforte, come Proust con la sua penna, l’asma e i suoi quaderni. Stavo in silenzio per ore e ore, in attesa, per percepire meglio la tua voce che rimbalzava nel mio cervello e mi dava l’ispirazione. E ogni volta provavo una stretta al cuore di gratitudine. Anche adesso, dopo tanto tempo e tutta quella musica elettronica che ho composto per i soldi, ti considero quanto mai viva e attuale, di una modernità sconvolgente.

E ho la certezza, ora che ci rifletto, che nonostante tutte le mie pazzie musicali l’amore per te è rimasto quello di un tempo, quando il mio maestro spiegava perché Schumann aveva cominciato la sua sinfonia proprio da te. E negli anni delle grandi speranze andate poi deluse, quando aspiravo a diventare un celebre concertista, sfioravo quel tasto giallognolo del pianoforte provando ogni volta un’emozione intensa e struggente che mi univa a te in un prolungato divino amplesso. Dio, come ti ho amata! Poi, non te lo nascondo, sono venute anche le altre, tutte le altre, e le ho amate tutte in un’orgia di totale stordimento musicale, complice anche la droga, purtroppo. Non ho problemi ad ammettere tutto, però ricordati che nessuna ho amato quanto te in questa mia vita divorata dal rock. Tu sei stata la prima e l’ultima.

E anche Vladimir ti ha amata, me l’ha confessato una volta che era ubriaco. Ma lui ti ha amata di un amore diverso, ripetitivo, consumato dalla professionalità. Io, invece, ti ho amata con passione e spontaneità selvagge, quasi per un istinto animalesco. Che Dio mi perdoni per questo atto di superbia finale. Spero che anche Vladimir non me ne voglia. Ma quanto tempo è passato da allora! Quasi quarant’anni. Da quel primo, indimenticabile pomeriggio in cui ti ho conosciuta. E la vita come si è dipanata diversamente da come l’avevo sognata! Ma tu, lo so, mi hai sempre perdonato il tradimento, hai giustificato le mie scelte. Anche quando ti ho dimenticata per anni e anni, tutto proteso com’ero a far soldi con il mio celebre complesso rock.

E nonostante questo tradimento miliardario, tu sei sempre stata in attesa dietro le quinte dei miei psichedelici palcoscenici. Forse aspettavi che io tornassi ad essere come quel bambino di Parigi. Invece no, ho continuato a comportarmi da cinico bastardo fino alla fine. Chi mai avrebbe poi immaginato quel maledetto infarto? Peccato che tutto sia andato così. Eppure, mi sembra quasi di essere ancora vivo perché ti sento vibrare dentro di me, esattamente come vibravi nel mio cuore di allora, pieno di speranze, al tocco leggero di Vladimir nell’attacco della Kreisleriana. Purtroppo le mie membra non possono più vibrare e resta solo quest’anima disgraziata che sta per cominciare il Grande Viaggio verso l’ignoto.

Ti prego, pensa a me qualche volta, al bambino di un tempo che si credeva un genio. A quel piccolo, sciocco illuso che non sapeva di essere un asino e aspirava invece a correre il gran premio della vita come un purosangue. Ma adesso basta, mi sto per addormentare, sono esausto e questo magico ritorno è finito. Sapessi come sono nauseato per il fallimento della mia vita! Domattina alle 11 ci sarà il funerale. Spero solo che in chiesa non suonino una delle mie canzoni, spero che la gente non applauda. Io non mi merito applausi, ma fischi. Avrei un solo, ultimo desiderio: sarebbe bello risentire in chiesa l’attacco della Kreisleriana. Ma questo è solo un pazzo sogno. Nessuno conosce il mio segreto. Comunque tu non dimenticarmi. Io ti porto intatta con me là dove sto andando e ti terrò sempre dentro la mia mente.

   

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