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Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Nona Edizione – 2011
Testo teatrale
Primo premio
Maria Dell’Anno
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Quello che le donne non possono non volere
La piéce si svolge in un atto unico, ambientato in un elegante salotto, in cui le protagoniste si incontrano e parlano, riflettono e discutono sul mondo e sulla vita delle donne di ieri e di oggi.
Trama e personaggi
Tre sorelle si riuniscono nella casa della loro nonna in occasione del settantacinquesimo compleanno di questa; sono le figlie di Marisa, sua figlia, morta con il marito in un incidente d’auto vent’anni prima. Da allora hanno tutte vissuto con la nonna, fino a quando sono diventate indipendenti.
ANNA, la maggiore, ha trentacinque anni, è sposata, ha due figli (una bambina di sei anni e un maschio di uno). Si era laureata a pieni voti in architettura, era stata assunta da un noto studio, ma dopo il matrimonio ha lasciato il lavoro per diventare una tradizionale madre casalinga.
CARLA ha trentadue anni. È giornalista e lavora per una rivista d’attualità. Fidanzata da quattro anni con Giampiero, entrando in scena annuncia il proprio matrimonio.
MARIA, la più giovane con i suoi ventinove anni, ha appena concluso i due anni di tirocinio in magistratura ed è diventata sostituto Procuratore. Le sue convinzioni sul ruolo delle donne, sul matrimonio e sulla famiglia sono molto lontane da quelle tradizionaliste che invece caratterizzano le sue sorelle e, naturalmente, sua nonna; perciò si sente sempre un pesce fuor d’acqua in questo genere di riunioni (che, infatti, fa di tutto per evitare).
PIERO, l’unico fratello, è il gemello di Anna. Anche lui ha studiato giurisprudenza ed è avvocato. Cambia le sue fidanzate come le cravatte e non pensa neanche lontanamente a sposarsi e, come si usa dire, a “mettere la testa a posto”. Ma non scandalizza tanto che sia un uomo a non considerare prioritario il matrimonio. Entra in scena nell’ultima parte della rappresentazione.
AGATA, la nonna, ha sempre rivestito il rigido ruolo di capofamiglia, insegnando ai nipoti ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; non erano ammesse obiezioni. È un’antica matrona che, dopo aver perso la propria figlia, vorrebbe che la famiglia fosse sempre unita e felice (naturalmente secondo il suo standard di felicità).
GUSTAVO, il nonno, assiste dalla sua poltrona in disparte alle conversazioni della moglie e delle nipoti. Non dice una parola per tutta la rappresentazione; parlerà solo con Maria, nella scena finale. Non è mai stato lui a tenere le redini delle famiglia; volente o nolente ha sempre dovuto lasciare il posto all’intraprendenza di sua moglie.
GIULIA, la figlia di Anna, trascorre il tempo disegnando seduta al suo piccolo scrittoio accanto alla poltrona del nonno, e poi guardando un cartone animato nell’altra stanza.
MATTEO, il figlio più piccolo, dorme in una stanza attigua.
Incontrandosi, Maria si scontra con le sorelle e con sua nonna parlando della vita e del ruolo delle donne: le donne devono essere prima di tutto mogli e madri, le viene detto; che altro potrebbero desiderare? Maria , invece, è single, non vuole sposarsi e ancor meno vuole avere figli; è orgogliosa di essere riuscita a diventare Procuratore e non ha nessuna intenzione di rinunciarci per “stare dietro a dei marmocchi urlanti e per far trovare la cena in tavola ad un uomo la cui massima aspirazione è spaparanzarsi sul divano la domenica per vedere la partita in santa pace”.
Scena
Un elegante salotto: ci sono due grandi divani bianchi sistemati ad angolo attorno ad un tavolino quadrato basso, su cui sono posizionati una serie di piatti pieni di vari dolci; inoltre ci sono un piccolo supporto alla sinistra del divano su cui è poggiato un vaso di fiori, una poltrona alla destra dei divani, un piccolo scrittoio da bambini con sedia incorporata accanto alla poltrona. I muri di destra sono occupati completamente da librerie.
La scena si apre sulle note del Lago dei cigni di Tchaikovsky, Danse des cygnes (durata: 1 minuto e 30 secondi circa). La musica accompagna l’entrata in scena di Agata e gli ultimi due accordi precedono la sua prima battuta.
Entra Agata, portando un vassoio ricolmo di cibo. Va verso il tavolino basso e cerca uno spazio su cui appoggiarlo. Dopo qualche secondo, un vecchio orologio a pendolo posizionato vicino alla porta d’ingresso annuncia che sono le sei. Agata guarda l’orologio.
AGATA (Con un tono di voce alto, rivolto verso un’altra stanza): Gustavo!? Sei pronto? Sono le sei. Le ragazze arriveranno da un momento all’altro.
Mentre parla, Agata continua a spostare piatti e vassoi sul tavolo. Poi sistema un vaso di fiori appoggiato sull’apposito supporto al lato del divano.
AGATA (Con voce severa): Gustavo! Insomma, sei pronto?
Entra Gustavo.
AGATA: Oh! Ce l’hai fatta! (Guarda Gustavo sorpresa) Ma… cosa ti sei messo? Ti avevo preparato il maglione blu scuro, lo sai che ti sta meglio.
GUSTAVO (Guarda il maglione verde scuro che ha indosso, e mormora con vergogna): Beh… pensavo che…
AGATA (Interrompendo bruscamente il marito): Avanti, non discutiamo. Va’ a metterti il maglione che ti ho preparato e fai in fretta. Non vorrai essere ancora in camicia quando arriveranno le ragazze, no?
Gustavo sospira ed esce per andare a cambiarsi. Agata guarda di nuovo l’orologio. Si sente suonare il citofono. Agata si avvicina alla porta per rispondere.
AGATA (Al citofono): Si?… Ciao cara, sali.
Prima di aprire la porta di casa, Agata si controlla nello specchio posto accanto alla porta: si sistema i capelli e il vestito.
AGATA (Avvicinandosi alla porta per aprire): Gustavo, vieni! È arrivata Anna.
Entra Anna, con la carrozzina in cui è sistemato il piccolo Matteo e con accanto sua figlia Giulia.
ANNA (Abbracciando la nonna): Ciao nonna. Tutto bene? (Entra nella stanza e si dirige verso il divano) Non sai che giornata! Enrico è a Milano per lavoro, quindi devo fare tutto da sola. Stamattina ho accompagnato Giulia a scuola, poi ho portato Matteo dal pediatra, poi ho fatto la spesa, ho perso quasi due ore tra l’ufficio postale e la banca e poi sono dovuta passare a consegnare dei documenti all’ufficio di Enrico perché li aveva dimenticati a casa. (Si toglie il cappotto) Poi sono tornata a prendere Giulia, abbiamo pranzato e alle quattro l’ho portata alla lezione di pianoforte, che avevo chiesto di spostare per venire qui da te alle sei. (Appoggiandosi al divano) Insomma, non mi sono fermata un attimo.
AGATA (Salutando Giulia e togliendole il cappotto): Beh, cara, la vita di una mamma è sempre piena di cose da fare. Ma siamo nate per far questo, e quindi non possiamo che esserne felici.
ANNA: Certo. È solo che ogni tanto sarebbe bello anche avere un attimo di pace, dopotutto. Ah, comunque scusami. Buon compleanno. (Prende una bustina regalo attaccata alla carrozzina e gliela porge.)
AGATA: Oh, grazie cara. Ma il regalo non era necessario. A me basta avervi tutte qui con me. (Abbraccia Anna) Magari lo apro dopo, quando ci sono anche Carla e Maria.
ANNA: Certo.
Entra Gustavo.
ANNA: Ciao nonno!
Gustavo e Anna si abbracciano.
ANNA: Tutto bene? Come è andata poi quella visita dal cardiologo?
Gustavo socchiude la bocca per rispondere, ma viene preceduto da sua moglie.
AGATA: Per fortuna va tutto bene. Certo, alla sua età anche una semplice aritmia deve essere tenuta sotto controllo, ma non è nulla di cui preoccuparsi.
ANNA (Accarezzando il braccio del nonno): Bene, sono proprio contenta. (Guarda Matteo nella carrozzina) Senti, nonna, io porto Matteo di là così continua a dormire. Lo metto in camera vostra, va bene?
AGATA: Certo, cara.
Il citofono suona di nuovo.
AGATA (Rivolgendosi al marito): Gustavo, accompagna Anna in camera e dalle quella piccola coperta azzurra che avevo preparato per Matteo. Mi raccomando, non quella rossa, ma quella azzurra.
Gustavo e Anna escono con la carrozzina.
AGATA (Al citofono) Sì?… Ciao, cara! (Apre la porta e poi si rivolge alla piccola Giulia che è rimasta con lei) E tu, tesoro, come stai? È andata bene la lezione di pianoforte oggi?
GIULIA (Senza molto entusiasmo): Sì, ma il maestro mi fa suonare solo cose tristi. Io invece vorrei imparare qualcosa di più movimentato e divertente, che magari si può anche ballare.
AGATA: Oh, cara, ma la musica classica è molto più bella, soprattutto per una signorina come te. Lascia stare tutti questi orribili rumoracci di oggi.
Entra Carla. Ha un enorme sorriso sulle labbra.
CARLA: Ciao nonna! Buon compleanno.
AGATA (Abbracciandola): Grazie cara. Ben arrivata.
CARLA (Saluta Giulia): Ciao piccola. Sei per caso venuta da sola, o hai nascosto la tua mamma da qualche parte?
GIULIA: No, la mamma è andata a mettere in camera quel rompiscatole di Matteo.
AGATA (Quasi esterrefatta): Giulia! Che cos’è questo linguaggio?! Una bambina come te non può parlare così del suo fratellino!
GIULIA: Nonna, ma lui è un rompiscatole! A casa non fa che piangere e mangiare il latte. E mamma e papà stanno sempre attenti a lui. E io devo sempre tenere la televisione con il volume basso per non svegliarlo quando dorme.
AGATA: Ma certo, tesoro. Matteo è piccolo e ha bisogno di tante attenzioni. Ma guarda che anche quando eri piccola tu, mamma e papà si comportavano così per te. Ed ora che tu sei la sorella maggiore devi essere responsabile e devi aiutarli a prendersi cura di lui.
Giulia, non molto convinta, alza le spalle e sbuffa appena.
GIULIA: Vabbè, posso andare a disegnare?
AGATA: Certo, vai pure. Ti ho preparato il tuo tavolino accanto alla poltrona del nonno.
Giulia si sistema al suo scrittoio e comincia a tirare fuori fogli e matite colorate.
AGATA (A Carla, mentre si avvicinano ai divani): E tu cara, come stai? C’è qualche novità?
CARLA (Con un sorriso esagerato): Beh, veramente volevo aspettare che ci fossero tutte, ma non ce la faccio proprio più a resistere. (Allunga la mano destra, e in particolare l’anulare destro, verso Agata) Ieri sera Giampiero mi ha chiesto di sposarlo!
AGATA (Urlando): Ooh! Cara, è fantastico! Congratulazioni! (L’abbraccia forte) Ma io ne ero sicura! Quando mi hai detto che aveva cominciato a parlare di cercare una nuova casa, ero sicura che si sarebbe deciso!
Entrano Anna e Gustavo, visibilmente preoccupati per l’urlo. Anna ha in mano un piccolo apparecchio per sentire se il bambino piange nell’altra stanza. Giulia, invece, dopo aver alzato gli occhi per un momento, continua a disegnare, disinteressandosi del mondo delle donne più grandi.
ANNA (Preoccupata): Ma che succede?
CARLA: Beh… (Urla) Succede che mi sposo!
ANNA (Urla): Aaah!
Anna e Carla urlano, si abbracciano e saltellano.
ANNA (Ancora con un tono di voce alto): Ma quando te l’ha chiesto? Come? Dove?
CARLA: Oh, me l’ha chiesto in maniera semplicissima, ma molto elegante. Ieri sera eravamo a cena da Chez Antoine, il mio ristorante preferito, e dopo il dessert lui ha messo sul tavolo l’astuccio dell’anello e me lo ha chiesto.
ANNA (Prendendo la mano destra di Carla): Hmm! È molto bello… e anche molto costoso, suppongo.
CARLA: Beh, vorrei vedere! (Ammirando il proprio anello) Giampiero se lo può permettere.
ANNA: Sono proprio contenta per te. Era un po’ che aspettavamo questa notizia.
AGATA: Già. Ma l’importante è che ora sia arrivata!
CARLA (Rivolgendosi a Gustavo): E tu, nonno? Sei contento?
Gustavo si avvicina alla nipote per risponderle, ma, ancora una volta, sua moglie parla per lui.
AGATA: Ma certo che è contento! È contentissimo per te! Come potrebbe essere altrimenti?!
Gustavo abbraccia affettuosamente Carla, senza dire niente.
ANNA (A Carla): E dimmi, avete già deciso la data?
CARLA: Beh…
Suona il citofono.
AGATA: Questa è Maria. È sempre l’ultima ad arrivare. (Al citofono) Sì?… (Con un po’ meno entusiasmo delle due volte precedenti) Ciao cara. (Poi, rivolgendosi a Carla ed Anna) Bene, così ora ci siamo tutte e Carla potrà raccontarci ogni dettaglio, mentre mangiamo naturalmente. Guardate (indica il tavolo), ho preparato per un reggimento!
ANNA: Ma tanto Maria è contraria al matrimonio, quindi non credo che avrà piacere di prendere parte alla conversazione.
AGATA (Scuotendo la testa, sconsolata): Io non so proprio cosa c’è che non va in quella ragazza. Eppure da bambina mi sembrava assolutamente normale. Poi, chissà perché, le sono venute in mente tutte queste idee strane sulle donne e sulla famiglia… Non so… a volte ho paura che sia davvero seria quando ne parla.
Entra Maria.
MARIA (Ad Agata): Ciao nonna. (Porgendole la piccola busta da regalo che ha in mano) Buon compleanno.
AGATA (Abbracciandola e prendendo la busta): Grazie, cara. Ben arrivata.
MARIA (Abbracciando velocemente le sorelle): Ciao, tutto bene? Vedo con piacere che stavolta non sono l’ultima. Manca ancora Piero.
AGATA: No, vostro fratello mi ha chiamata prima e ha detto che arriverà più tardi perché aveva un appuntamento con un cliente per una causa importante.
MARIA: Ah. Allora sono l’ultima, come sempre. Ormai è diventata una malattia! (Poi, avvicinandosi a Gustavo) Ciao nonno, come stai?
Guastavo, ancora una volta, non riesce a rispondere perché viene interrotto da Agata.
AGATA: Sta bene, va tutto bene. Ma… (rendendo la propria voce più eccitata) Carla deve darti una grande notizia… Su, Carla, diglielo!
CARLA: Beh, non so quanto tu potrai apprezzarlo, ma… ieri sera Giampiero mi ha chiesto di sposarlo!
Silenzio.
Carla, Agata e Anna si stampano il solito enorme sorriso sulle labbra e attendono ansiose che Maria faccia altrettanto. Gustavo reprime la tentazione di ridere perché sa che Maria non urlerà e non salterà come hanno fatto le altre sorelle. Maria rimane immobile per qualche secondo, guardando le sorelle e la nonna. Sta pensando a come rispondere.
MARIA (Con voce incerta): Beh… (Si schiarisce la voce con un piccolo colpo di tosse, solo per prendere tempo) Beh… Immagino… immagino che tu gli abbia risposto di sì.
AGATA, CARLA e ANNA (Contemporaneamente): Certo!
AGATA: Ma che domande fai, Maria?!
MARIA (Alzando appena le spalle): Beh… Che ne so?… Dopotutto, poteva anche aver risposto di no…
AGATA (Esterrefatta): Non dire sciocchezze!
MARIA (Con tono incerto): Beh, allora… Immagino che dovrei dirti “Congratulazioni”, giusto?
CARLA: Senti, Maria, so che per qualche strana ragione tu sei contraria al matrimonio, ma sei anche ia sorella! Almeno potresti essere felice per me, se io sono felice!
MARIA: E tu sei felice… di sposarti?
CARLA, ANNA e AGATA (Di nuovo contemporaneamente): Ma certo!
MARIA (Sincera): Allora va bene. Sono felice se tu sei felice.
AGATA (Sollevata): Oh, finalmente!
Maria e Carla si abbracciano.
AGATA: Andiamo, ragazze, ora sediamoci così possiamo parlare di tutto con calma. E prendetevi qualcosa da mangiare. Siete tutte così magre…
MARIA: Nonna, per te se uno non pesa duecento chili è magro. Non sei attendibile sull’argomento peso, te l’ho sempre detto.
AGATA: Oh, tu e i tuoi discorsi… Vabbè comunque dovete mangiare perché ho trafficato tutto il giorno in cucina e i miei dolci si meritano un po’ di apprezzamento. Io, mentre voi vi sistemate, vado ad accendere l’acqua per il tè.
Agata esce. Carla ed Anna si siedono sul divano più grande. Gustavo si siede sulla sua poltrona alla destra dei divani.
MARIA (Avvicinandosi a Giulia, che non si è mossa dal suo scrittoio): Ciao piccola! Ma tu disegni sempre?
GIULIA: Ciao zia. (Le dà un bacio sulla guancia) Sì, mi piace tanto e sono proprio diventata brava. Guarda. (Le mostra il disegno che sta facendo)
MARIA: È vero, sei proprio brava. Hai preso dalla tua mamma.
Giulia annuisce e torna a disegnare. Maria si avvicina a Gustavo, gli mette una mano sulla spalla e si china verso di lui.
MARIA: Come va, nonno?
ANNA: Maria, vieni a sederti, così Carla ci può raccontare.
Gustavo fa cenno a Maria di andarsi a sedere. Maria gli sussurra qualcosa all’orecchio. Si scambiano un’occhiata e un mezzo sorriso che significano: “Non abbiamo scampo: dobbiamo sottoporci a questa noiosa tortura”. Quindi, Maria va a sedersi sul divano più piccolo, mentre le sorelle sono sedute insieme su quello più grande.
ANNA (A Carla): Allora, avete già deciso la data?
Maria, sedendosi, scuote la testa: sa già che la conversazione non la divertirà.
CARLA (Con tono eccitato): No, non ancora. Comunque penso che potrebbe essere in primavera o magari all’inizio dell’estate. Non voglio aspettare troppo tempo, ma ovviamente dobbiamo organizzarci con gli impegni di lavoro.
ANNA: Comunque, brava. Non bisogna proprio sposarsi in inverno. Ti ricordi il giorno del mio matrimonio? Anche se era solo ottobre è venuto giù il diluvio universale e ci siamo inzuppati tutti. Se ripenso al mio bel vestito tutto infangato…
Agata entra.
AGATA: Oh, cara. Ma eri bellissima comunque!
ANNA: Insomma, nonna. Avevamo prenotato quel bel ristorante con il giardino, ma alla fine non ci siamo potuti muovere dalla sala da pranzo. Non ho proprio avuto fortuna.
AGATA: Ma l’importante è che era il tuo giorno! Ti stavi sposando, è solo questo che conta.
MARIA (Sottovoce, ma con un tono percepibile, e con lo sguardo basso): Certo, è l’unica cosa che conta.
ANNA (Un po’ irritata): Che vuoi dire con questo?
MARIA (Alzando gli occhi verso Anna): Niente.
Agata, Anna e Carla guardano Maria con uno sguardo di severo rimprovero.
MARIA: Niente, Anna. Lascia stare.
Per distrarre l’attenzione da sé stessa, Maria prende un pasticcino dal vassoio e se lo ficca intero in bocca. Agata scuote la testa guardandola.
AGATA (A Carla): E hai già pensato a dove vorresti fare il ricevimento?
CARLA: No, nonna. Dobbiamo ancora decidere tutto. Però, certo, non sarebbe male una bella villa fuori città con del verde intorno.
ANNA: Sì, anche per le foto sarebbe l’ideale.
CARLA: Ma, comunque, non voglio fare niente di troppo impegnativo e sfarzoso. Solo un bel pranzo con pochi parenti e amici.
MARIA (Ancora sottovoce, ma non troppo): Certo. Come no.
CARLA (Più irritata di Anna): E ora che vorresti dire, Maria?
MARIA (Con un tono di voce a metà tra la serietà e l’ironia): Nulla, a parte il fatto che ti auguro di mantenere questo proposito. Perché, in genere, quando le donne ricevono l’ambita proposta, si attiva una parte specifica del loro cervello etichettata “giorno del mio matrimonio”, anche detto “il giorno più bello della mia vita”, e questa parte del cervello inizia ad impegnarsi per rendere la cerimonia il più bianca e meringata possibile. (Pausa) In questo senso, la nostra lingua non aiuta: in inglese, per esempio, c’è una precisa distinzione tra il “weeding”, cioè la cerimonia, e il “marriage”, cioè il vincolo matrimoniale, mentre in italiano il termine “matrimonio” indica tutte e due. Il problema è che, quando sentono questo termine, gli uomini pensano subito al dopo, al vincolo che limiterà pesantemente la libertà che amano tanto, invece le donne pensano solo al giorno della cerimonia, come se fosse l’unica cosa che conta e come se non ci fosse un dopo. E pensando a quel giorno, istigate dalla tradizione e aiutate dalla pubblicità, cominciano inevitabilmente ad allungare la lista degli invitati “perché se invito Tizio, poi non posso non invitare Caio”, a cercare un elegante ristorante possibilmente con un enorme giardino annesso, a cercare un abito che, per farle somigliare ad un’enorme meringa bianca, utilizza una quantità di raso e pizzi che basterebbero per almeno dieci abiti normali, a cercare un parrucchiere ed un estetista all’ultima moda perché hanno improvvisamente perso la capacità di curarsi i capelli e le unghie da sole, a fare lunghe e costose liste di nozze che farebbero impallidire un principe ereditario. E soprattutto iniziano a dire a chiunque incontrano per strada, dal collega d’ufficio al panettiere, che stanno per sposarsi, senza dimenticare di mostrare con orgoglio il pesante e prezioso brillocco che sono riuscite a farsi infilare al dito. È inutile, le donne perdono completamente la ragione quando devono organizzare un matrimonio, soprattutto se è il loro. E l’ironia è che questi sontuosi preparativi diventano sempre il primo motivo di litigio tra i futuri sposi. Mi stupisco perfino di come poi molti riescano comunque ad arrivare vivi al giorno delle nozze!
Silenzio.
Agata, Anna e Carla guardano meravigliate e senza parole Maria, come se avesse appena detto una serie di incredibili stupidaggini. Gustavo sorride dalla sua poltrona.
Poi il fischio della teiera proveniente dalla cucina rompe il silenzio.
AGATA (Alzandosi per andare in cucina): Non so proprio come ti viene in mente di fare questi sciocchi discorsi. Piuttosto, mangiate questi dolcetti che ora vi porto il tè.
Agata esce.
ANNA (A Maria): Sai, a volte mi chiedo se tu pensi davvero tutto quello che dici.
MARIA: Certo che lo penso.
ANNA: Allora devo domandarmi se sei davvero una donna, e soprattutto come fai ad essere nostra sorella.
MARIA: Beh, l’anagrafe dice che sono una donna e che sono vostra sorella. Ma può sempre darsi che io sia atterrata con una piccola navicella spaziale sul tetto di casa e che mamma e papà mi abbiano cresciuto come se fossi loro figlia senza mai rivelarci la verità.
ANNA: Non mi stupirei troppo se questo fosse vero.
CARLA: Neanch’io.
MARIA: Se può aiutarvi, non me ne stupirei molto neanch’io.
Carla ed Anna scuotono la testa e si consolano prendendo dei dolci.
CARLA (A Maria, sicura di sé e di quello che dice): Io non impazzirò di certo nel fare i preparativi.
ANNA: Ma certo che no!
MARIA: Io, invece, credo proprio di sì. Avete deciso di sposarvi solo ieri e già pensi alla data, al ristorante e agli invitati.
CARLA: Ma è normale che io ci pensi.
MARIA: È proprio questo che sto dicendo! È normale nel senso che è comune. Il 99% percento delle donne fa lo stesso.
ANNA: Vuoi dire che il 99% delle donne impazzisce prima del matrimonio?
MARIA: Esattamente.
Anna e Carla scuotono la testa. Agata rientra con un vassoio su cui sono appoggiate le tazze da tè.
CARLA: Io non impazzirò. E comunque guarda che non siamo solo noi donne a preoccuparci dell’organizzazione. Anche gli uomini se ne preoccupano. Io sono sicura, infatti, che Giampiero sarà contentissimo di aiutarmi in tutto.
MARIA: Mi dispiace molto deluderti, Carla, ma gli uomini già di solito non hanno una grande capacità organizzativa. Figuriamoci se ce l’hanno in tema di abiti e di torte nuziali!
CARLA: Ti sbagli.
MARIA: Non credo. Una volta, qualche tempo fa, ero all’ufficio postale e, mentre aspettavo il mio turno, ho visto una coppia appoggiarsi sul tavolo posto al centro dell’ufficio con una valigetta piena di buste e una tovaglia di francobolli che avevano appena preso allo sportello. Per qualche istante mi sono domandata cosa ci dovessero fare con tutti quei francobolli, ma poi, dalla solerzia di lei e dall’apatia di lui, ho capito che erano per le partecipazioni di nozze. È stato davvero comico guardarli! Lei, organizzatissima, ha preparato davanti a sé una pila di buste, strappava velocemente i francobolli, le bollava, dopodichè sistemava le buste pronte alla sua sinistra. Lui, invece, ci metteva una vita a prendere dalla valigetta una busta, poi strappava con millimetrica attenzione il francobollo, lo posizionava lentamente sulla busta, dopodichè ci metteva cinque minuti a capire dove mettere la busta pronta. Il risultato è stato che, nel tempo che lui impiegava per francobollare una busta, la sua fidanzata ne aveva già fatte una decina. Povero! Mi ha fatto quasi pena; erano le nove di un sabato mattina e aveva una faccia talmente abbattuta che avrebbe depresso anche la persona più ottimista di questo mondo. E il bello è che la ragazza lo rimproverava anche per la sua lentezza e disorganizzazione! (Fa una piccola risata)
Di nuovo silenzio stupefatto da parte delle tre altre donne. Di nuovo sorriso compiaciuto di Gustavo.
AGATA (Con tono di rimprovero): Maria, tu vedi solo quello che vuoi vedere. Magari quel ragazzo era stanco per altri motivi. E poi sono sicura che la sua ragazza non lo stava rimproverando. Non si deve fare, soprattutto prima del matrimonio.
MARIA: Già, per carità! Non sia mai che lui cambi idea e la molli prima di arrivare all’altare, giusto?
AGATA: Certo! Sai che vergogna?!
Maria annuisce, sorridendo ironicamente: è evidente che non concorda affatto con quell’opinione.
CARLA: Insomma, Maria! Smettila con questi discorsi! E poi io non farò così. Vedrai.
Maria alza le mani in segno di resa. Sa che non può vincere da sola contro tre. Gustavo rinuncia a seguire le schermaglie dalla sua poltrona e inizia a leggere il giornale, dando un’occhiata di tanto in tanto a Giulia che continua a disegnare sul suo scrittoio senza curarsi minimamente di ciò che le accade intorno.
ANNA: E poi, scusate, scusa Carla, ma oggi saremmo qui per festeggiare il compleanno della nonna e non per farti intraprendere le solite inutili discussioni sul matrimonio.
CARLA: Hai ragione, oggi è la festa di nonna.
AGATA (Sorridendo): Oh, care. E io sono così contenta che siate tutte qui! Era un bel po’ che non ci riunivamo.
ANNA: Già… dal mio compleanno ad ottobre, giusto?
Tutte annuiscono.
ANNA: Bene. Allora nonna, cosa aspetti? Apri i tuoi regali, dai!
AGATA: D’accordo.
Agata prende sorridendo i due sacchetti che aveva appoggiato accanto al divano.
CARLA: Nonna, devi scusarmi, ma io non ho fatto in tempo a prenderti niente. Sai, volevo andare a vedere qualcosa stamattina, ma poi… con tutto quello che è successo ieri… insomma, sono un po’ scombussolata.
AGATA (Con un tono molto affettuoso): Ma, tesoro, non devi proprio preoccuparti! (Allunga una mano per prendere quella di Carla) Tu oggi mi hai già fatto il più bel regalo che potessi desiderare.
Agata e Carla si sorridono commosse, mentre Maria scuote la testa come per dire “Ti pareva?! Che c’è di meglio dell’annuncio di un matrimonio?”
ANNA: Nonna, scarta i regali, prima che Maria possa fare qualche commento sul fatto che il matrimonio non è per niente una bella notizia!
AGATA: Oh, Anna, non esagerare. Sono sicura che Maria non arriverebbe a tanto!
Anna, Carla e Maria si girano stupite verso Agata che sta iniziando a scartare il primo pacchetto. Anche Gustavo abbassa per un attimo il giornale, sentendo l’esclamazione ovviamente errata di sua moglie. Ma nessuno dice niente.
AGATA (Scartando il pacchetto da cui tira fuori una mattonella decorata) Oh, che bella!
ANNA: Ti piace?
AGATA: Ma certo, cara. (Legge l’iscrizione sulla mattonella) “Matto, furioso e privo di buon senso è chi del pasto non gode ogni senso”.
ANNA: È un detto popolare.
AGATA (Sorridendo): Certo. Grazie mille, tesoro. La appenderò subito in cucina.
Agata si alza per abbracciare Anna, dopodichè torna al suo posto.
CARLA (Bevendo un sorso di tè e mangiando un pasticcino): Maria, sono sicura che tu non approvi questo genere di regalo che… aspetta, come diresti? Ah, sì: che “presuppone che l’unico luogo in cui le donne dovrebbero lavorare è la cucina di casa”. Vero?
Anna ride. Agata no.
MARIA: Beh, ovviamente non mi piace affatto che qualcuno pensi che quello sia l’unico luogo di lavoro adeguato per una donna. Ma, comunque, se lo si considera solo un oggetto d’arredamento, peraltro ben decorato, non ci vedo niente di male.
AGATA: Lo vedi, Carla? Non devi pensare male di Maria, solo perché ogni tanto dice delle sciocchezze. L’hai sentita? Anche lei dice che è giusto regalare ad una donna delle cose per la cucina.
MARIA: No, nonna. Ho detto che un oggetto per la cucina, come qualsiasi altro oggetto utile per la casa, va bene come regalo se non è fatto con la sola convinzione che le donne dovrebbero esclusivamente stare a casa a cucinare.
AGATA: Ma una brava moglie deve saper cucinare bene per la propria famiglia!
MARIA: Beh, io so cucinare piuttosto bene, ma non sono una moglie e non ho una famiglia. E mi piace cucinare anche se sono da sola a tavola.
AGATA: Certo, cara. (Picchiettandole un ginocchio con la mano) Lo so che sei brava a cucinare. Per questo sono tranquilla che quando avrai un marito e dei figli saprai preparargli delle ottime cenette.
MARIA: No!
Carla e Anna ridono. Gustavo ride da dietro il suo giornale.
ANNA: No, nonna. Maria voleva dire che a lei piace cucinare per se stessa, e che non ha nessuna intenzione di farsi una famiglia e ritrovarsi a cucinare per marito e figli.
Maria fa cenno di sì con la testa. Agata la guarda esterrefatta.
MARIA (Ad Agata): Cosa c’è? Forse solo le coppie sposate hanno diritto a pasti degni di questo nome? Forse i single dovrebbero morire di fame nell’attesa di poter apparecchiare per due o per tre anziché per uno? O magari non dovrei neanche avere delle pentole, perché dovrei essere sempre in giro a cercarmi un uomo da sposare?
Anna e Carla ridono ancora. Agata è ancora esterrefatta.
AGATA: Maria, io proprio non ti capisco quando fai questi discorsi.
MARIA (Alzandosi e sollevando le braccia in segno di resa): È inutile, ci rinuncio. (Dà un’occhiata all’orologio) Scusate, devo fare una telefonata al Procuratore capo per aggiornarlo su un’indagine. Vado di là.
Maria esce.
AGATA (Dopo essersi assicurata che Maria sia uscita): Io non so davvero cosa le prende a quella ragazza! Ma come le vengono in mente tutti questi discorsi senza senso?
ANNA: Chissà. Forse è davvero un’aliena venuta da chissà quale pianeta, ma mamma e papà hanno voluto crescerla come nostra sorella.
Carla ride.
AGATA: Anna! Non dire queste brutte cose! (Agita l’indice in segno di rimprovero come si fa con i bambini) Voi siete tutte sorelle e dovete continuare ad essere sempre unite. (Breve pausa) E poi sono sicura che, prima o poi, Maria si renderà conto che tutte queste strane cose che dice sulle donne e sul matrimonio sono sbagliate e tornerà ad essere normale come voi.
ANNA: Mah, vedremo. Comunque non ne sono così sicura…
AGATA (Con tono riflessivo): Sapete? A volte penso che Maria abbia tutti questi strani pensieri anche perché le sono mancati i genitori da bambina. Dopotutto, aveva solo due anni quando vostra madre e vostro padre hanno avuto l’incidente.
CARLA: Nonna, io avevo cinque anni, e Anna e Piero otto. È vero, Maria era la più piccola, ma nessuna di noi era grande abbastanza per perdere i genitori.
AGATA: Forse proprio il fatto di essere la più piccola l’ha turbata e le ha fatto venire qualche strana malattia mentale incomprensibile e non diagnosticabile che la porta a fare questi discorsi senza senso.
CARLA: Nonna, non esagerare. Un sacco di bambini perdono i genitori, anche in modi più tragici di quello che è toccato a noi quattro, ma non per questo vanno fuori di testa!
ANNA: Beh, ora non esageriamo. Maria non è fuori di testa… ha delle convinzioni strane che solo lei ha, ma non possiamo dire che è fuori di testa.
Agata e Carla sollevano pensose le sopracciglia come per dire: “Insomma, un po’ fuori di testa lo è”.
ANNA: E poi, nonna, è vero che mamma e papà sono morti quando eravamo piccoli, ma tu e il nonno vi siete presi cura perfettamente di tutte noi.
CARLA: Certo.
AGATA: Lo so, care. (Sorride compiaciuta) È solo che, sapete, quando mi soffermo a domandarmi sul perché Maria abbia sviluppato queste idee, arrivo a mille conclusioni diverse.
CARLA (Con voce consolante): Stai tranquilla, nonna. Maria cambierà idea per forza, prima o poi. Non può non farlo. Tutte le donne del mondo desiderano sposarsi ed avere dei figli. È così e basta, quindi sarà così anche per lei.
AGATA (Sorridendo speranzosa): Certo cara, hai ragione. Cambierà idea sicuramente. (Allunga una mano per stringere quella di Carla)
ANNA: Io non ne sono tanto sicura, sapete? Non sono sicura che cambierà idea. Vi ricordate di quando all’università scrisse quel saggio sul perché il matrimonio andrebbe abolito?
CARLA: Sì, certo! Cos’è che diceva per dimostrare che aveva ragione?
ANNA: Ah, questo proprio non me lo ricordo… Sarà stata qualche sciocchezza delle sue. Mi ricordo solo che diceva in maniera più che convinta che l’istituto giuridico del matrimonio non ha più senso d’esistere.
AGATA: Oh, che stupidaggine! Sono sicura che non diceva così.
ANNA: Nonna, ti assicuro che era proprio quello che sosteneva.
AGATA (Risoluta): Basta. Non voglio che in casa mia si dicano queste sconcezze. Non parliamone più.
ANNA: Come vuoi. Comunque, guarda che diceva proprio così.
AGATA (Agitando la mano per dire di voler cambiare argomento): Invece, ecco di cosa volevo parlarvi: lo sapete che la signora Antonietta, quella del piano di sopra, tra un mese parte per una crociera in Grecia?
CARLA: Oh, la Grecia! Dev’essere bellissima.
AGATA: Sì. Ha detto che staranno via tre settimane e visiteranno tutte le isole come Milo, Nasso, Mykonos…
CARLA: Quanto mi piacerebbe andarci!
ANNA: Magari puoi pensarci per la luna di miele.
CARLA: Hmm. Perché no? (Prendendo un sorso di tè) Mi sa che stasera lo dico a Giampiero.
ANNA (In tono sognante e nostalgico): Io ho adorato la Spagna in viaggio di nozze! Madrid è meravigliosa, e le persone erano così simpatiche. Ma anche tutte quelle città più piccole come Toledo… Dio, quanto mi piacerebbe tornarci!
CARLA: Tornaci, allora.
ANNA: Sì. Con un marito sempre in giro per lavoro e due figli piccoli? Ma dove vuoi che vada?
CARLA: Beh, una vacanza non si nega a nessuno.
ANNA: Ne riparliamo tra qualche anno.
AGATA: Dai, Anna. Non ti puoi lamentare! Hai una famiglia stupenda.
ANNA: Non dico certo il contrario, nonna. Ma l’avere una famiglia non rende facile fare vacanze di questo genere. (Cercando palesemente di cambiare argomento) Comunque, cosa stavi dicendo della signora Antonietta? Come mai va in crociera? È per qualche festa, qualche ricorrenza?
Maria rientra, passa una mano sulla spalla di Gustavo che le sorride, e torna a sedersi accanto ad Agata.
AGATA: Sì, è per l’anniversario di matrimonio. Quest’anno sono cinquant’anni che è sposata con il signor Franco.
CARLA e ANNA (All’unisono, in tono estasiato): Ooh!
MARIA: Di chi parli?
AGATA: Della signora Antonietta. Sai, quella che abita qui sopra.
Maria annuisce, non troppo convinta.
AGATA: Va in crociera per festeggiare l’anniversario di matrimonio.
Maria annuisce ancora, meno convinta di prima.
CARLA: Che bello! Vedi, Maria? Ci sono i matrimoni che funzionano! Basta trovare la persona giusta.
AGATA (Come se Carla stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo): Ma certo che ci sono!
CARLA (A Maria): Allora? Che hai da dire di fronte a storie come questa?
Maria prende tempo bevendo un sorso di tè.
MARIA: Immagino che la tradizione vorrebbe che concordassi con la teoria della persona giusta.
Le altre tre donne fanno un cenno con la mano come per dire “Ovviamente sì”.
MARIA (Dopo aver bevuto un altro sorso di tè): Beh, visto che mi sembra chiaro che oggi volete proprio provocarmi, vi dirò che certamente, come in qualsiasi altro aspetto della vita, le eccezioni felici ci sono anche nei matrimoni. Io stessa conosco una coppia di amici che sta insieme da una vita e ha tutta l’intenzione di rimanerci, e naturalmente auguro lo stesso alla signora Antonietta e (indicando le sorelle) a voi due. Ma percentualmente è molto più probabile che l’amore si esaurisca e che ci si lasci dopo qualche anno.
AGATA (Sicura): Non è assolutamente vero!
CARLA: Alcuni matrimoni durano moltissimi anni!
MARIA: Non lo metto in dubbio. Ma allora dobbiamo distinguere il matrimonio dall’amore. Come dice una battuta di Woody Allen in Hollywood Ending, l’inerzia spiega due terzi dei matrimoni. L’altro terzo è sicuramente sostenuto dall’amore, ma molte coppie rimangono insieme anche quando il sentimento e la passione sono finiti solo per stanchezza, o perché sarebbe troppo complicato e dispendioso lasciarsi e iniziare daccapo due vite separate. Soprattutto in Paesi come l’Italia e soprattutto, ovviamente, se ci sono dei figli.
CARLA (Irritata): Non è vero! Non è vero che tutti gli amori finiscono.
MARIA: La larga maggioranza sì. Anzi, ti dirò che qualche anno fa lessi che una scienziata americana [1] ha dato una spiegazione chimica della fine dell’amore, che interverrebbe nell’arco di tre anni. Questa studiosa sosteneva che l’amore è determinato da alcune sostanze come i ferormoni, le endorfine, l’ossitocina e altre cose impronunciabili, che provocano una sensazione di allegria ed esaltazione, e quindi il colpo di fulmine con tutto ciò che ne consegue. Ma è scientificamente provato che questi ormoni smettono di agire dopo tre anni.
AGATA: Che sciocchezza colossale!
ANNA e CARLA: Sì, infatti.
MARIA: Sono d’accordo. La biochimica non mi piace affatto. Infatti, secondo me, la spiegazione è molto più banale. Semplicemente uomini e donne, oggi, non sono fatti per stare insieme in maniera duratura.
Facce sbigottite delle tre donne. Gustavo emerge per un momento dal suo giornale.
ANNA: Ma andiamo!
MARIA: Invece è così, per la semplice ragione che oggi non sono più solo gli uomini a governare il mondo e la famiglia, ma le donne, almeno in teoria, hanno gli stessi loro diritti.
ANNA (Incapace di comprendere cosa sua sorella voglia dire): E allora?
MARIA: Allora, fino a quando le donne non potevano decidere nulla, e dovevano limitarsi a sottostare alla potestà del padre prima e del marito poi, essendo considerate solo come produttrici di figli, i matrimoni non potevano che finire o per morte o per volontà del solo marito, per esempio se la moglie non poteva avere figli, visto che era questa la sua unica funzione. (Pausa) Il matrimonio è nato essenzialmente come un contratto di compravendita con cui un uomo poteva acquistare né più e né meno che la proprietà di una donna e con essa la possibilità di avere una discendenza. In alcuni luoghi del mondo è tuttora così. Ma dove le donne, diciamo dall’inizio del Novecento in Occidente, hanno con fatica raggiunto il riconoscimento della parità di diritti e di opportunità rispetto agli uomini, questo contratto non ha più senso, perché non esiste più il presupposto che aveva portato i romani ad inventarlo.
ANNA: Ecco! (Indica Maria con l’indice della mano destra, come se stesse additando qualche essere malvagio e pericoloso) Era proprio questo che diceva in quel saggio all’università!
MARIA: Ed è proprio quello che sostengo tuttora. E anche se pochi lo ammettono, sono convinta che almeno gli uomini con un cervello funzionante dovrebbero darmi ragione.
CARLA: Nessuno può darti ragione, Maria. Quelle che stai dicendo è solo un cumulo di sciocchezze.
MARIA: E allora perché sociologi, antropologi, psicologi e ora anche sessuologi di tutto il mondo non fanno che interrogarsi sul perché l’ideale amore eterno non duri più? Perché le librerie si riempiono costantemente con ridicoli manuali di auto-aiuto, che hanno la presunzione di aver trovato la ricetta giusta per far durare le unioni? Perché tutte le persone che si mettono insieme si augurano che funzioni? (Pausa) Il punto è che è molto facile far funzionare qualcosa, qualsiasi cosa, quando è solo una persona a decidere. Non c’è scelta: si deve fare come dice quella persona e basta; si sa che non ci si può opporre. Ma quando si è in due ad avere la stessa possibilità di decidere, allora è inevitabile che nascano discussioni. Siamo esseri umani ed è impossibile trovarsi d’accordo sempre su tutto. E le discussioni vanno dal banale “Dove andiamo a cenare stasera?”, a “Dove andiamo a vivere?”, a “È davvero il caso di avere un secondo figlio?” E soprattutto se si è poco aperti al compromesso, cosa peraltro sacrosanta, la discussione degenera in lite e, se questa è seria, non si riesce più ad uscirne e a riconciliarsi. (Pausa) Figuriamoci! Se i partiti politici si sfasciano ad ogni minimo disaccordo, perché le coppie dovrebbero durare di fronte alle discussioni sui figli?
Silenzio sbigottito delle tre donne, che guardano Maria come se avesse appena detto qualcosa di inconcepibil
ANNA (Con un tono di voce incerto, come se stesse cercando di riordinare le idee): Quindi… in pratica, secondo te nessuna relazione può funzionare?
MARIA: Dico solo che è molto difficile. Sociologicamente parlando, direi che questi decenni sono i peggiori, perché gli uomini ancora non hanno smesso di essere disorientati di fronte alla parità delle donne, e le donne ancora non hanno trovato il modo migliore per affrontare e gestire i due aspetti della loro vita, familiare e lavorativo. In Italia, poi, quest’ambiguità è più accentuata che altrove, dato che la legge riconosce i diritti delle donne, ma la mentalità della maggioranza delle persone è ancora fossilizzata su stereotipi che sono duri a morire e che vedono la donna solo come incubatrice, cucina e lavatrice.
Ancora silenzio sbigottito delle tre donne. Giulia lascia il suo scrittoio con un foglio in mano e si dirige da Anna.
GIULIA (Orgogliosa): Mamma, guarda che bel disegno che ho fatto!
Anna fissa ancora stupita Maria. Giulia le tira una manica.
GIULIA (Arrabbiata per la scarsa attenzione che le sta dedicando sua madre): Mamma!
ANNA (Scuotendo leggermente la testa, come per risvegliarsi dal torpore): Sì, tesoro. Che c’è?
GIULIA (Mostrandole il foglio): Guarda che bello!
ANNA (Guardando senza troppa attenzione il disegno): Certo, Giulia, è bellissimo. Cosa rappresenta?
GIULIA (Stupita): Ma mamma! È il castello della Bestia, dopo che è diventato bello perché si è innamorato di Belle!
ANNA (Guardando il disegno con maggiore attenzione): Ah, certo! È bellissimo. Sei proprio brava, tesoro. Guarda qui (indicando un angolo del foglio), hai fatto anche la torre!
GIULIA: Certo! La torre in un castello ci vuole!
ANNA: Certo, hai ragione.
GIULIA (Riprendendo il foglio): Mamma, posso andare a vedere il film della bella e la bestia in camera di nonna? Così posso anche vedere meglio tutte le finestre del castello e poi le correggo sul disegno.
ANNA: Sì, se va bene alla nonna. (Si volta verso Agata)
AGATA: Ma certo, tesoro. Vai pure, tanto sai meglio di me come funziona quel dannato DVD. Anzi, (voltandosi verso Gustavo) Gustavo accompagnala tu, così almeno fai qualcosa.
GIULIA (Contenta): Che bello!
Gustavo si alza lasciando il suo giornale sulla poltrona, prende per mano Giulia ed entrambi escono.
Per qualche istante le donne non parlano.
MARIA (In tono ironico): Devo ammettere, nonna, che tu sei sempre stata l’eccezione che conferma la regola, visto che qui a casa hai sempre comandato tu al posto di nonno.
AGATA (Come se Maria l’avesse appena insultata): Cosa?
MARIA: Andiamo, è così! Sei sempre tu a dire al nonno ciò che deve fare. Gli prepari perfino i vestiti da indossare la mattina!
AGATA (Ancora più offesa): Questo non significa che comando io in casa!
MARIA (Sincera, capendo di essere stata fraintesa): Nonna, guarda che non volevo affatto offenderti! Anzi, casomai è il contrario: mi compiaccio che qualche donna al mondo abbia in mano lo scettro del potere. (Si gira verso le sorelle per avere un appoggio, ma loro la guardano con un’espressione di disapprovazione.)
AGATA (Palesemente sulla difensiva): Il fatto che preparo i vestiti a mio marito la mattina non significa affatto che io non lo riconosca come il capo della famiglia! Lo faccio solo per aiutarlo, perché so che lui non ha molto gusto in fatto di vestiti.
MARIA (Con voce scoraggiata): È proprio questo il punto! Perché dovresti riconoscerlo come capo della famiglia? Se marito e moglie hanno gli stessi diritti, e almeno in teoria anche in Italia li hanno, non dovrebbe esistere un capo. È proprio questo che volevo dire prima!
AGATA (Critica): Ma, Maria, marito e moglie non possono avere lo stesso ruolo nella famiglia!
MARIA (Molto irritata): E perché no?
AGATA (Come se fosse scontato): Perché no! (Mimando con le mani la separazione dei ruoli) Una moglie è una moglie, e un marito è un marito! È sempre stato così.
MARIA (Alzandosi arrabbiata): Odio questa frase! “È sempre stato così”. È stato così per millenni, è vero, ma ora non può più essere così!
ANNA: Maria, non puoi pretendere che nonna abbia tutte le tue idee sulla parità. Quando si è sposata lei non funzionava così. La devi capire.
Maria fa un giro della stanza, evidentemente per sbollire la rabbia. Poi si riavvicina al divano e appoggia le mani sulle spalle dello schienale.
MARIA (Rivolgendosi ad Anna): D’accordo. Anche ammesso che nonna non possa capirmi, anche se mi scandalizza comunque l’idea che una donna dichiari di non volere la parità, anche tu hai lasciato il lavoro quando sei rimasta incinta di Giulia. Perché l’hai fatto?
ANNA (Dopo un attimo di esitazione, con voce un po’ abbattuta): Perché sapevo che non ce l’avrei fatta a continuare a lavorare con la bambina e la casa da gestire.
MARIA: Tante donne, però, lo fanno.
ANNA: Vuol dire che sono più brave di me, allora. Oppure vuol dire che hanno un lavoro meno impegnativo di quello che avevo io. Te lo ricordi o no quante ora alla settimana lavoravo? E quanti viaggi dovevo fare? Come avrei potuto continuare in quel modo con una figlia?
MARIA: Anna, le possibilità sono tante: avresti potuto chiedere il part-time, farti aiutare con la bambina dalla nonna e dai genitori di Enrico, e soprattutto farti aiutare da Enrico! È lui il padre di Giulia, no?
AGATA e ANNA (All’unisono, come se l’obiezione fosse ovvia): Ma lui è un uomo!
MARIA (Quasi urlando, disperata): È proprio questo il punto che mi fa imbestialire! Il fatto che si dia per scontato che sia unicamente la donna a dover abbandonare del tutto ogni altra occasione che la vita le può riservare per dedicarsi ai figli! Lo si dà per scontato e basta. Nessuno pensa, soprattutto in Italia, che possa essere il padre a gestire più flessibilmente il proprio lavoro per occuparsi dei figli. Sono solo le donne a doverlo fare.
AGATA: Perché è giusto così.
MARIA: No, nonna! Non è giusto così! È stato per millenni così, perché gli uomini volevano che fosse così. Ma oggi non deve per forza essere così. Il fatto che continuino a pensarlo gli uomini, ancora si può umanamente comprendere. Ma non è possibile che le donne non si rendano conto che le cose possono andare in maniera diversa. Per esempio, Anna ed Enrico lavoravano nello stesso studio di architettura, avevano ugualmente successo, guadagnavano gli stessi soldi ed erano entrambi ugualmente apprezzati dai loro soci. Ma quando è arrivata Giulia, è stato scontato che fosse Anna ad abbandonare la sua ottima carriera.
ANNA: Maria, so che tu non hai la minima intenzione di farlo, ma noi donne partoriamo. O vuoi forse dire che ormai gli uomini possono fare anche quello?
MARIA (Esausta, torna a sedersi): Beh, la medicina di certo non è il mio forte, ma a occhio direi che no, non è proprio possibile.
ANNA: Ah, menomale!
MARIA (Con voce più stanca di prima): Ciò che voglio dire è che è ovvio che le donne partoriscono e allattano, ma, archiviate queste elementari necessità biologiche, tutto ciò che può fare una madre può farlo anche un padre. Il problema è convincersi che è possibile, cosa che, almeno da noi, sembra riguardare pochi. (Pausa) Sono sempre le donne a dover scegliere tra carriera e maternità. E, come se ciò non bastasse, non è che vada molto meglio alle donne che, opponendosi alla tradizione, continuano a lavorare dopo aver avuto dei figli. Lo descrive bene Allison Pearson in un suo romanzo, quando dice, per esempio, che l’uomo che tiene le foto dei figli sulla scrivania è considerato più umano, la donna meno, perché si dà per scontato che a casa con i figli ci stia lei, non lui! O anche che se un uomo annuncia di doversi assentare dall’ufficio per andare a vedere sua figlia in piscina passa per un padre esemplare, affettuoso e sensibile, mentre una donna che annuncia di doversi assentare dall’ufficio per restare al capezzale del figlio malato viene accusata di disorganizzazione, irresponsabilità e scarsa disponibilità. Che un padre faccia il padre è una dimostrazione di forza; che una madre ammetta di essere madre è segno di deplorevole vulnerabilità. In questo modo, le donne che continuano a lavorare finiscono per sentirsi in colpa per il tempo che tolgono ai propri figli, cosa che invece non preoccupa assolutamente nessun uomo, che anzi utilizza la scusa dei figli per passare ancora più tempo al lavoro perché (mimando il gesto delle virgolette in aria) “bisogna provvedere ai bisogni della famiglia”.
C’è qualche secondo di silenzio, per metabolizzare il discorso di Maria.
AGATA (Tentando di essere conciliante): Ma, Maria, tu non puoi pensare seriamente che un uomo possa fare tutto quello che fa una donna con i figli al posto suo.
MARIA (Ancora più esausta): Ma perché no?
AGATA: Perché no!
Maria scuote e abbassa la testa affranta perché sa che non riuscirà mai a modificare l’opinione radicata nelle radici profonde della mente di sua nonna.
ANNA: Andiamo, Maria. La nonna ha ragione. Gli uomini non sono proprio bravi in certe cose. Enrico sa a malapena cambiare un pannolino! Per non parlare di quando mi sono beccata quella terribile influenza che mi ha costretta a letto per due settimane: era talmente disperato tra le pappe, i vestitini e i pianti che la nonna si è dovuta trasferire da noi!
MARIA: Ma forse gli uomini non sono capaci di fare certe cose, solo perché nessuno ha mai detto loro che devono saperle fare.
Silenzio riflessivo.
MARIA: Anna, hai visto quant’è brava Giulia a disegnare? Disegna costantemente case e castelli. Credo che con due genitori architetti le potrà venire la voglia di diventarlo anche lei. Magari diventerà bravissima ed apprezzata come lo eri tu. (Pausa) Le auguri davvero di rinunciare a tutto questo nel momento in cui dovesse avere un figlio?
Anna rimane in silenzio. Carla e Agata si girano verso Anna in attesa della sua risposta.
MARIA: Tu sei davvero felice, Anna, di aver abbandonato la tua brillante carriera per fare la madre casalinga a tempo pieno? Ammetto che io non riesco proprio a capire quali gioie possa dare la maternità, ma mi auguro, e soprattutto auguro alle madri, che queste gioie esistano. Ma ti bastano davvero? (Pausa) Hai studiato e faticato anni per diventare un architetto affermato, e so bene quanto ti piaceva e quanto ne fossi orgogliosa. Non ti manca neanche un po’ quella vita? (Pausa) E non hai paura di diventare, un giorno, talmente amareggiata per averci rinunciato da rinfacciarlo a tua figlia?
Anna è visibilmente imbarazzata. Abbassa gli occhi per non guardare Maria, ma continua a rimanere in silenzio. Si muove con agitazione sul divano. Si nota che sta cercando un modo per dire che le basta la maternità per essere felice, anche se non è affatto vero.
AGATA (A Maria, cercando di nascondere l’evidente imbarazzo di Anna): Anche vostra madre non lavorava.
MARIA: E ne era felice?
AGATA: Certo!
MARIA: Come lo sai?
AGATA: Lo so!
MARIA: Come? Ti ha forse mai detto: “Mamma, come sono felice di aver mollato il mio lavoro per mettere al mondo quattro figli?”
AGATA (Leggermente incerta): Beh… non ce n’era bisogno. Era ovvio che lo fosse.
MARIA (Con tono progressivamente più arrabbiato): Ma perché? Perché è ovvio?
AGATA: Perché è così, Maria! Nessuna donna potrebbe non esserlo! E io sono certa che un giorno anche tu te ne accorgerai. (Pausa) Ogni donna desidera più di tutto diventare madre, non può essere diversamente, è la nostra natura. (Risoluta) È ovvio che sia così!
MARIA (Con un tono di voce più basso, ma udibile e sconsolato): Appunto. È ovvio. È sempre tutto ovvio.
Silenzio imbarazzato per qualche istante.
Poi si sente l’inizio del pianto del piccolo Matteo provenire dalla ricetrasmittente di Anna. Anna si alza mormorando qualcosa di incomprensibile ed esce spegnendo la ricetrasmittente.
Ancora silenzio imbarazzato tra le tre donne rimaste.
MARIA (Sbuffando e alzando le mani in segno di resa): Mi sa che era meglio se oggi non venivo. Sareste state molto meglio senza di me, e vi sareste deliziate con i racconti di Carla su quanto siano dolci e meravigliosi i preparativi per il matrimonio.
AGATA (Conciliante, più per necessità che per reale volontà): Ma no, Maria. Non dire così. È solo che quando tocchiamo questo genere di argomenti, tu inevitabilmente te ne esci con le tue strambe teorie sul matrimonio, e questo non può che creare qualche imbarazzo.
CARLA (Per niente conciliante, invece): Sì, Maria, dovresti proprio evitare questi discorsi.
Maria riflette per qualche istante.
MARIA (Con tono abbattuto): Non vorrei aggravare la situazione, ma è proprio questo che mi dà fastidio. Io ammetto tranquillamente che la si possa pensare in maniera diversa da me, ma perché allora voi non potete concedermi il beneficio del dubbio, o almeno un po’ di rispetto per la mia libertà di pensiero?
Un attimo di silenzio.
CARLA (Sicura): Perché, per quanto ti sforzi, non riuscirai mai a convincere nessuno che il matrimonio va abolito completamente!
Maria alza le mani in segno di resa.
C’è qualche altro secondo di silenzio, intervallato da qualche imbarazzato sorso di tè.
MARIA (Alzandosi): Mi sa che è meglio se me ne vado.
AGATA (Stupita): No! Non puoi andartene! Deve ancora arrivare Piero.
MARIA: Nonna, io vedo Piero quasi tutti i giorni in Tribunale, dato che sono Procuratore e lui è un avvocato.
AGATA: Che c’entra? Oggi è il mio compleanno, e settantacinque anni si compiono sicuramente una volta sola, quindi pretendo che i miei nipoti siano qui con me.
MARIA: Francamente, ho l’impressione che questa riunione di famiglia avrebbe molto più successo senza di me.
AGATA (Con tono di comando): No, invece. Non puoi andar via.
CARLA (Cercando una pacificazione): Dai, Maria. Rimani un altro po’. È sufficiente cambiare l’argomento della conversazione.
Maria torna a sedersi, non troppo convinta che sia la scelta giusta.
AGATA: Ah! Che sciocca che sono. (Indicando la busta da regalo che è rimasta accanto al divano) Guarda. (Rivolgendosi a Maria) Devo ancora aprire il tuo regalo.
CARLA: Fammi pensare… Sono certa che è un libro. Maria non regala altro che libri.
AGATA: Beh, in questo somiglia tutta a suo nonno. (Indicando le librerie che occupano le pareti alle sue spalle) Ha sempre riempito la casa di libri di qualsiasi genere; soprattutto di legge ovviamente, ma da quando ha lasciato la magistratura si è messo a leggere letteralmente di tutto, dai saggi ai romanzi più vari.
MARIA: Cicerone diceva che “una stanza senza libri è come un corpo senz’anima”.
Agata riflette un istante.
AGATA: In effetti, leggere è un bel passatempo. Ti permette di evadere un po’ dal mondo reale per conoscerne un altro che spesso può essere molto affascinate. Anche a me piace. (Pausa) Non leggo certo quanto il nonno o quanto te (indicando Maria), ma mi piace.
CARLA: Scarta, allora. Sono proprio curiosa di sapere che libro è.
AGATA: Non dovremmo aspettare Anna?
Anna entra proprio in quel momento e si dirige nuovamente verso il divano.
AGATA: Oh, eccoti cara. Stavamo per aprire il regalo di Maria.
ANNA (Con voce molto spenta): Bene.
AGATA: È tutto a posto con Matteo?
ANNA (Ancora con voce spenta): Sì. Si è riaddormentato.
AGATA: E Giulia?
ANNA: È nell’altra stanza a vedere “La bella e la bestia” con il nonno. (Accennando un debole sorriso) Beh, veramente lui si è addormentato.
Una timida risata unisce le quattro donne.
Poi Agata inizia a scartare, mentre Anna e Maria si scambiano uno sguardo carico di tensione.
AGATA (Finendo di scartare): In effetti è un libro.
CARLA: Ma dai? Chissà perché ci avrei giurato!
AGATA (Leggendo il titolo): “Sissi. Vita e leggenda di un’imperatrice”.
MARIA: Se non ricordo male, ti piacciono le biografie di personaggi storici, no?
AGATA (Annuendo): Sì, è proprio così.
MARIA: Allora spero proprio che ti piaccia questa donna.
AGATA (Sfogliandolo con discreto interesse): Beh, conosco vagamente la sua storia. Avevo visto quei film…
CARLA: Ah, sì! Anch’io li ho visti. Sono quelli con Romy Schneider. Erano bellissimi!
MARIA: Sì, lo sono. Ma si discostano molto dalla realtà e comunque affrontano solo pochi anni. Invece la vita di Elisabetta è molto più complessa ed interessante. E molto appassionante, almeno secondo me.
AGATA (Incuriosita): Ah, sì? (Sfogliandolo con più interesse) Allora grazie. Lo leggerò con molto piacere.
Agata appoggia una mano su quella di Maria in segno di ringraziamento. Poi squilla il cellulare di Carla.
CARLA (Estrae velocemente il telefono dalla borsa e guarda lo schermo): Oh, è Enrico.
Agata sorride in modo fin troppo evidente.
CARLA: Vado un momento di là.
Carla esce, rispondendo al telefono.
AGATA (Guarda l’orologio): Beh, allora io ne approfitto per portare di là queste tazze (si alza e prende il vassoio con le tazze da tè), e preparo anche la macchinetta del caffé, così quando arriva Piero posso farlo subito.
ANNA (Facendo per alzarsi): Ti aiuto?
AGATA: No, cara, non preoccuparti. Stai pure seduta tranquilla. Non mi serve nessun aiuto. E già che ci sono, darò anche un’occhiata ai bambini.
Anna torna a sedersi. Le due sorelle seguono con lo sguardo Agata che esce.
AGATA (Uscendo, con voce progressivamente sfumata): Sapete, io non so davvero come faccia Piero a bere il caffé la sera. Se io ne bevo una goccia già verso le quattro, poi non c’è modo di farmi dormire…
Anna e Maria abbozzano un sorriso ascoltando l’osservazione di Agata. Poi tornano a guardarsi l’un l’altra e tra loro cade nuovamente un gelo imbarazzato.
Il silenzio dura per una trentina di secondi.
MARIA (Con tono imbarazzato e incerto): Senti, Anna. Mi dispiace per prima. Probabilmente ho esagerato. Purtroppo quando sento questo genere di discorsi mi innervosisco parecchio e magari avrei dovuto e potuto non dirti tutte quelle cose sul tuo lavoro.
Anna guarda intensamente Maria mentre lei parla. Poi però abbassa lo sguardo.
MARIA: Mi dispiace! Sono sicura che se hai lasciato il lavoro per Giulia ci avrai pensato bene ed evidentemente hai concluso che era la soluzione migliore. Sei una donna intelligente e matura, e sicuramente una decisione del genere non l’hai presa in cinque minuti.
Anna non alza lo sguardo, ma accenna un “sì” muovendo appena la testa. Maria si alza e si avvicina a lei.
MARIA (Con voce quasi supplichevole): Scusami Anna, per favore. Non sopporto l’idea che tu sia arrabbiata con me. (Pausa) Dopotutto sei stata l’unica madre che ho avuto! Non puoi non rivolgermi la parola. (Pausa) Per favore.
Anna solleva lentamente lo sguardo verso Maria.
ANNA: Sai qual è il vero problema?
MARIA (Sedendosi accanto ad Anna): Dimmi.
ANNA: Il problema è che io continuo a farmi ogni giorno tutte le domande che mi hai fatto tu.
Maria la guarda sbigottita. È evidente che non si aspettava quell’affermazione da sua sorella.
ANNA (Con tono pacato e un po’ abbattuto): Io ogni giorno mi domando se ho fatto la scelta giusta a lasciare lo studio. Adoravo lavorare lì e avevo faticato così tanto per arrivarci. È uno degli studi d’architettura più famosi e pagati della città! E, dannazione, io ero riuscita a lavorare lì! (Pausa) Non fraintendermi, però. Io non posso davvero lamentarmi della mia famiglia. Enrico mi ha sempre amata e non mi ha mai fatto o detto qualcosa di male, e in più è davvero un ottimo padre, cerca anche di aiutarmi in casa con Giulia e Matteo, per quello che riesce. E anche i bambini… li amo, davvero. Soprattutto Giulia… in certi momenti mi sembra di rivedere me da piccola in lei… (Pausa) Però… sai, quando Enrico torna a casa con tutti quei rotoli di progetti, mi torna sempre in mente la sensazione che provavo quando ero io ad avere una scadenza per consegnare un’importante progetto. (Sorridendo appena) A volte mi veniva un’ansia tremenda, perché magari mancavano pochi giorni e io non ero certa di riuscire a finire. Però poi, quando completavo tutto e quando il progetto era approvato dal capo, provavo un senso di soddisfazione e di orgoglio perché io, proprio io, avevo fatto il primo passo necessario per costruire qualcosa di nuovo.
Maria sorride malinconica.
ANNA: Due settimane fa, per esempio, hanno inaugurato un nuovo palazzo di un’importante banca appena fuori città, e quel progetto era stato una mia idea. Era l’ultima cosa di cui avevo iniziato ad occuparmi prima di dare le dimissioni. (Pausa) Mi è così dispiaciuto quando l’hanno affidato a Nicola. Per carità, lui è bravissimo e ho visto che ha fatto davvero un ottimo lavoro… magari anche migliore di quello che avrei fatto io… ma… è un po’ come se mi avessero rubato l’idea. Quel progetto era mio e ora porta il nome di un altro. (Pausa) Pensi che sia meschino da parte mia parlare così?
MARIA (Prendendo una mano di Anna tra le proprie): Certo che no.
ANNA (Alza le spalle): Vabbè, è ovvio. Tu credi che le donne dovrebbero comunque sempre lavorare. Magari anche con dieci figli.
MARIA: Anna, io credo solo che ogni donna, come ogni uomo del resto, abbia il diritto sacrosanto di fare ciò che riesce a regalarle una vita serena. Sia questo il lavoro o l’avere dei figli… o vivere girando di paese in paese senza meta, o qualsiasi altra cosa. Quello che mi fa arrabbiare è che si dia per scontato che, dopo il matrimonio e l’arrivo dei figli, una donna rimanga a casa e che sia il marito a lavorare. Secondo me, non è necessario che una cosa escluda l’altra; i due ruoli, con un po’ di volontà e di organizzazione, possono convivere. È solo la nostra cultura ad impedirlo, ma non certo la natura.
Anna fa cenno di sì con la testa e sorride appena.
ANNA: La vita è proprio strana. Mi sa che, per stavolta, devo ammettere che sono d’accordo con te.
Maria sorride, più o meno involontariamente soddisfatta.
ANNA: Ehi, non ti montare la testa però! Ho solo detto “mi sa”. E comunque non riuscirai mai a convincermi che il matrimonio va eliminato dalla faccia della terra.
MARIA (Sorridendo e con voce affettuosa): Vabbè, mi accontento.
Sorridono entrambe.
ANNA: Non dire alla nonna ciò che ti ho detto sul lavoro, però.
MARIA: D’accordo.
ANNA: E poi, magari tra qualche anno, quando Matteo andrà all’asilo, potrò riprendere le mie matite e i miei righelli, no?
MARIA: Certo. Non vedo l’ora che tu lo faccia.
Entra Agata.
AGATA: Di che state parlando?
ANNA: Oh, niente d’importante, nonna.
MARIA: Sì, niente di che.
AGATA (Sedendosi): Beh, comunque sono contenta che avete fatto pace. Insomma, non è che avevate litigato, ma comunque… vi vedo meglio.
Maria e Anna fanno cenno di sì con la testa.
AGATA: Sapete una cosa? Ho pensato che a Natale anche io e il nonno potremmo regalarci un bel viaggio. Non abbiamo mai girato molto e forse potrebbe essere interessante conoscere posti nuovi… Sì, mi sa proprio che copierò l’idea della signora Antonietta.
ANNA (Stupita): Hai deciso di fare una crociera? Ma nonno non odiava il mare?
AGATA: Sì, lo odia dal più profondo, infatti. (Con voce delusa e un po’ amareggiata) Non mi ha mai portata neanche a fare una passeggiata sulla spiaggia. Dice che la sabbia lo irrita e che non gli piace affatto l’idea comune che non può esistere una vacanza estiva senza andare al mare.
ANNA: E allora?
AGATA: No, quando ho detto che voglio copiare Antonietta non intendevo certo la crociera… anche se a dir la verità mi piacerebbe molto… quasi quasi proverò comunque a dirlo a Gustavo… (Scuote la testa) Ma tanto lui dirà di no. Vabbè, faremo un altro genere di viaggio. Mi ha sempre affascinato il nord-Europa, la Norvegia… magari potremmo andare lì. Che ne dite?
ANNA: Devono essere luoghi fantastici! Però se ci andate devi assolutamente convincere il nonno a visitare in nave i fiordi; devono essere spettacolari. (Pausa) Magari potreste addirittura arrivare a Capo Nord per vedere il sole di mezzanotte!… Chissà se Natale è il periodo giusto…
AGATA: Beh, ora non esageriamo. Comunque l’idea mi affascina. Vedremo se ne uscirà qualcosa davvero.
Entra Carla. È visibilmente scossa ed arrabbiata. Sbuffa un paio di volte e fissa il cellulare che continua a rigirare nella mano destra. Non si va a sedere e rimane al centro della scena, alla destra dei divani.
AGATA (Appena preoccupata, accorgendosi dell’inquietudine di Carla): Cara, c’è qualcosa che non va? Hai un’espressione strana, sembri arrabbiata.
Carla continua a rimanere al centro della scena facendo qualche passo avanti e indietro. Sembra non accorgersi che Agata le sta parlando.
AGATA (Alzando un po’ la voce): Carla!
CARLA (Disorientata, risvegliandosi dal suo torpore): Sì?
AGATA (Ancora preoccupata): Stai bene? C’è forse qualcosa che non va?
CARLA (Con tono palesemente non convinto): No… no. È tutto a posto.
ANNA: Hai forse discusso con Giampiero?
Agata si volta immediatamente verso Carla con espressione molto preoccupata.
CARLA (Incerta): No… beh… No, non abbiamo litigato, però…
AGATA: Cosa c’è, cara. Non farci preoccupare. Giampiero non sta bene, forse?
CARLA (Con voce appena più bassa e leggermente ironica): No, tutt’altro. Credo che stia fin troppo bene.
ANNA: Che vuoi dire?
Carla fa ancora qualche passo avanti e indietro in silenzio, prima di rispondere.
CARLA: Ma no, sicuramente non è niente. Sono io che mi faccio venire in mente un sacco di dubbi e preoccupazioni inutilmente.
AGATA (Sempre preoccupata): Ma quali dubbi?
CARLA: No, non è niente. È solo che stasera dovevamo andare a casa di una mia amica per cena e lui mi aveva assicurato che sarebbe venuto, ma ora mi ha detto che ha un impegno improvviso in Questura e che farà molto tardi.
AGATA: Beh, non è affatto strano. Giampiero è un poliziotto ed è assolutamente normale che debba trattenersi in Questura fuori dal suo orario consueto, no?
Agata si gira verso Maria ed Anna per avere conferma di quanto ha appena detto. Loro annuiscono.
ANNA: Certo. Che c’è di strano?
Carla fa ancora qualche passo. Poi alza le spalle.
CARLA (Un po’ risollevata, ma non del tutto): Ma sì. Sicuramente non c’è nulla di strano.
Carla va a sedersi sul divano, mentre Agata sorride tranquillizzata.
C’è qualche secondo di silenzio.
CARLA (Di nuovo incerta): È solo che…
ANNA: Che cosa?
Carla guarda per qualche istante le altre donne ad una ad una, come se stesse cercando di acquistare la forza necessaria per parlare.
CARLA (Visibilmente a disagio): Beh… è che da quando Giampiero mi ha… mi ha… vabbè, tanto lo sapete. Insomma io l’ho perdonato, siamo tornati insieme. Adesso stiamo addirittura per sposarci e io lo amo moltissimo, però… insomma, quando mi dice che ha un impegno improvviso e che non può raggiungermi, io penso subito che lo stia facendo di nuovo. Che mi stia tradendo di nuovo.
Ancora un momento di silenzio.
AGATA (Con tono rassicurante, prendendo per mano Carla): Oh, tesoro. Ma io sono sicura che non è affatto così. Giampiero ti ama!
CARLA: Però una volta l’ha già fatto. E uno dei proverbi che proprio tu, nonna, ami tanto dice che il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Agata rimane un istante in silenzio, sorpresa dall’inaspettata osservazione di Carla.
AGATA (Con tono risoluto): Ma non è assolutamente questo il caso! È vero, Giampiero ha fatto un errore, ma ti ha chiesto scusa e tu hai fatto bene a perdonarlo. E ora sono certa che non metterebbe mai di nuovo a rischio il vostro rapporto.
ANNA (A Carla): Ma c’è qualcosa di concreto che ti faccia pensare che lui abbia un’altra?
AGATA (Esterrefatta): Anna, che stai dicendo?
ANNA: Beh, come facciamo ad essere sicure che i sospetti di Carla non siano giusti, se lui l’ha già tradita una volta?
AGATA (Con tono di rimprovero): Non dire sciocchezze! Non lo farà di nuovo.
ANNA: Va bene, ma almeno riflettiamoci un momento! (A Carla) Ti fa insospettire qualcosa in particolare, o è solo una sensazione, diciamo, generica?
CARLA: No, niente di particolare…
AGATA (Ad Anna, interrompendo bruscamente Carla): Hai visto?
CARLA (Sempre incerta): Però… insomma, mi preoccupo quando mi dice che deve vedere un tizio per una certa indagine… o soprattutto un informatore, visto che l’altra volta è andato a letto proprio con una sua informatrice.
AGATA (Come se stesse rimproverando un bambino): Non parlare in questo modo.
CARLA: Beh, ma lo ha fatto.
ANNA: Però, allora la tua è solo una sensazione.
CARLA: Sì… Direi di sì… Insomma, credevo che sarebbe stato più facile, che non ci avrei ripensato tanto e invece ci ripenso fin troppo spesso.
AGATA: Ma devi dimenticare quello che è successo! È stato solo uno stupido errore!
Carla annuisce debolmente.
C’è ancora qualche istante di silenzio.
ANNA: Devo ammettere che sono rimasta molto stupita quando mi hai detto che l’avevi perdonato e che eravate tornati insieme.
AGATA (Di nuovo esterrefatta): Anna!
ANNA: Scusa, nonna. Ma è così.
CARLA (Sforzandosi di risultare ironica): Cos’è? Adesso vuoi sostituire Maria nei suoi comizi femministi? Per una volta che lei sta zitta, vuoi essere tu a dirmi di portare avanti la bandiera dell’emancipazione delle donne?
ANNA: Io non voglio portare avanti proprio nessuna bandiera. È solo che non mi piace affatto l’idea di dover perdonare il tradimento di un uomo. E poi lo sai già. Te l’ho detto già allora.
Agata appare disorientata.
CARLA (Con voce un po’ più bassa): Sì, me lo ricordo bene. (Pausa) Ma magari stavolta, visto che tu prendi le parti delle femministe, Maria ci dirà che va anche bene perdonare un tradimento.
Tutte si girano curiose verso Maria.
MARIA (Cercando di essere conciliante): Carla, vorrei evitare di buttare altra benzina sul fuoco, anche perché vorrei evitare una nuova discussione, dato che per oggi credo di averne generate abbastanza. Ma se mi conosci appena sai benissimo che non potrei mai dirti che hai fatto bene a tornare insieme a Giampiero.
CARLA (Per nulla stupita): E ti pareva?!
AGATA (Leggermente arrabbiata per la direzione che ha preso la conversazione): Voglio che tu e Carla la smettiate subito di mettere in testa dei dubbi a Carla. Lei ha fatto la cosa giusta perdonandolo, punto.
ANNA: Veramente, nonna, è proprio Carla ad averci detto di avere dei dubbi su Giampiero. Noi ci siamo limitate a darle la nostra opinione al riguardo.
AGATA (Risoluta): Beh, la vostra opinione è sbagliata.
ANNA: Francamente nonna, non mi piace affatto l’idea di dover sopportare in silenzio un tradimento di mio marito. Se si sta insieme, si sta insieme per amore. E l’amore, almeno secondo me, non contempla proprio l’andare a letto con una sexy informatrice… (Pentita per il tono offensivo dell’affermazione) Scusa, Carla.
CARLA (Inquisitiva): Vuoi dire che tu non perdoneresti mai un tradimento di Enrico?
ANNA (Sicura): No, non lo farei.
CARLA (Ancora più inquisitiva): Davvero? Neanche dopo anni di matrimonio? Neanche con due figli?
ANNA (Meno sicura): Beh, spero proprio di no.
CARLA: Ok, ne riparliamo tra qualche anno.
AGATA: Carla! Non puoi dire questa brutta cosa a tua sorella. (Avvicinandosi a Carla e con voce più bassa) Magari porta male!
Anna e Maria scuotono la testa.
MARIA: Nonna, scusa, ma tu avresti perdonato un tradimento del nonno? (Pausa) O l’hai fatto?
AGATA: Non l’ho fatto semplicemente perché vostro nonno non mi ha mai tradita.
CARLA (Sicura): Andiamo, il nonno non lo farebbe mai.
MARIA: Me lo auguro sinceramente, perché ho troppa stima di lui. Ma, in fin dei conti, è un essere umano, e potrebbe essere successo. (Ad Agata) L’avresti perdonato?
AGATA (Dopo aver riflettuto qualche istante): Sì, l’avrei perdonato. (Guardando Carla) Un errore nella vita può capitare.
MARIA: Bene. Allora devo dedurre che diresti la stessa cosa che fosse il contrario, cioè se fossero Carla o Anna a tradire i propri mariti. O magari se l’avessi fatto tu.
AGATA (Molto indignata per l’insinuazione): Io non l’avrei mai fatto!
MARIA: Ok. Allora che diresti se lo facessero Carla o Anna?
AGATA (Ancora indignata): Ma neanche loro lo farebbero mai!
Maria sospira, un po’ abbattuta.
MARIA: D’accordo. Allora parliamo in generale. Cosa pensi di una donna che tradisce il proprio marito?
AGATA: Ovviamente penso che non sia una buona moglie.
MARIA: Allora un uomo che tradisce la moglie non è un buon marito.
AGATA (Come se fosse scontato): Ma non è la stessa cosa.
MARIA (Quasi urlando): Perché?!
AGATA: Ma perché gli uomini sono diversi da noi. Sono… sono più farfalloni.
Maria ed Anna si guardano stupite, ma non troppo, dato che la risposta di Agata, in fondo, era prevedibile. Carla sembra indecisa e un po’ imbarazzata dal discorso.
MARIA: Farfalloni?
AGATA (Con un mezzo sorriso, un po’ ironico): Beh, sì. Loro sono così.
MARIA: Allora per quale oscura ragione si sposano giurando fedeltà alla propria moglie, se poi sono destinati a tradirla perché, in fondo, sono dei farfalloni?
AGATA (Alzando gli occhi al cielo): Oddio! Adesso non vorrai ricominciare con quella sciocchezza che il matrimonio andrebbe abolito!
MARIA: No, non preoccuparti. Il matrimonio andrebbe abolito, ma per ben altre ragioni. (Pausa) Però, per rimanere in tema giuridico, lo sai che la Corte Costituzionale ha affermato, più di trent’anni fa, che non esiste differenza tra l’adulterio del marito e quello della moglie?
AGATA (Agitando la mano in segno di noncuranza): Oh, a me non interessa quello che dice la tua Corte Costituzionale.
MARIA (Alzando le mani in segno di resa): Andiamo bene…
ANNA: No, però scusa, nonna. Ma, anche se può essere vero che gli uomini sono fondamentalmente tutti dei… farfalloni, come dici tu, però Giampiero ama Carla, o almeno così dice, quindi perché non dovrebbe essere in grado di resistere ad una tentazione che è umano che gli capiti. E perché, se non resiste, Carla dovrebbe accettarlo?
AGATA: Perché noi cosa ne sappiamo di come si è comportata quella donna, quella… informatrice con lui? Magari è stata lei a fare tutto.
MARIA (Quasi incredula): Non vorrai dirci che il povero Giampiero è stato violentato dalla sexy e brutale informatrice?!
AGATA: Certo che no! (Come se stesse tenendo una lezione) È solo che oggi molte donne non sono più timide e riservate come una volta. Basta vedere come si vestono! A volte, camminando per strada, vedo delle ragazze giovanissime che indossano dei pantaloni così bassi da mostrare il… E poi con questa specie di nuove mutande inesistenti… io non capisco davvero quale funzione abbiano!
MARIA: Vuoi dire che è solo colpa delle donne se gli uomini saltano loro addosso, perché indossano profonde scollature e inesistenti perizomi?
AGATA (Leggermente indecisa): No, non è solo colpa delle donne… ma, insomma, a volte sembra che…
MARIA (Alzando le mani): Ti prego, non dire che “se la cercano” perché non sopporto quella stupida espressione!
AGATA (Incerta): Beh…
MARIA (Allargando le braccia): Allora gli stupratori non hanno colpa, perché non fanno altro che accontentare le segrete voglie delle donne con i pantaloni a vita troppo bassa?!
AGATA: Certo che no! (Sulla difensiva) Perché mi metti sempre in bocca cose che io non ho mai detto?
MARIA: Stavi per dire che se la cercano!
AGATA: Sì, ma tu travisi sempre tutto. Io stavo parlando del caso di Giampiero. Se quella ragazza si è comportata in maniera molto provocante con lui, magari lui non ha tutte queste colpe che tu ed Anna gli volete attribuire.
Maria alza di nuovo le mani in segno di resa e si accascia esausta sullo schienale del divano.
ANNA: Francamente, non voglio condividere l’idea che il solo vestire non-da-clausura equivalga ad un sottinteso invito. Ho una figlia che tra qualche anno sarà adolescente, e non mi entusiasma per niente che per il solo fatto di vestirsi alla moda debba considerarsi meno sicura girando per strada.
AGATA (Con tono di rimprovero): Non dire queste cose neanche per scherzo, Anna!
Silenzio imbarazzato per qualche istante.
AGATA: Comunque, come al solito, con tutti questi sproloqui abbiamo perso il punto da cui eravamo partite, e cioè che Carla non ha affatto sbagliato a perdonare Giampiero. È un errore che è successo ma che sicuramente non si ripeterà mai più. (Pausa. Agata sorride a Carla) E poi, scusate, ma se Carla non l’avesse perdonato ora sarebbe sola e non starebbe per festeggiare il suo matrimonio! Quindi è sicuramente la scelta giusta.
MARIA (Ad Agata): Perché una donna non può rimanere senza un uomo, specie quando i trenta si avvicinano, giusto?
AGATA: Esatto.
MARIA: Quindi io non sono una donna sana, sono un ibrida, dato che non ho un uomo e che non ci tengo neanche particolarmente ad averlo?
AGATA (Scrollando di nuovo la mano in segno di noncuranza): Certo, tu sei molto strana. Non capirò mai come ti siano venute queste incomprensibili idee. (Pausa) Ma tanto io sono sicura che presto cambierai opinione. Ci sono cose che le donne non possono non volere, e certamente le prime della lista sono il matrimonio e i figli.
ANNA (Sorridendo e guardando Maria): Veramente, io non sono così sicura che Maria cambierà idea.
MARIA: Infatti, non ho nessuna intenzione di cambiarla. (Alzando le mani) Per carità, la vita è incredibilmente strana e non bisogna mai dire mai, ma, nel mondo di oggi, non vedo proprio per quale ragione una donna dovrebbe sentirsi incompleta senza un uomo accanto. (Breve pausa) Magari posso condividere che la presenza di un uomo risulta utile nel momento di un trasloco, per spostare qualche mobile pesante, ma al di fuori di quell’occasione io riesco benissimo ad affrontare la mia vita da sola. E mi piace anche farlo.
Agata sta per dire qualcosa, ma si sente suonare il citofono, quindi si alza di scatto dimenticando completamente le affermazioni appena fatte da sua nipote.
AGATA (Estasiata): Oh, che bello! Finalmente è arrivato Piero!
Agata va a rispondere al citofono.
AGATA: Sì?… (Con voce molto felice) Ciao Piero! Vieni!
ANNA (A Maria): Tu sai che impegno di lavoro aveva oggi, per cui è venuto solo ora?
MARIA (Scuotendo la testa): No, non lo so.
CARLA (Sorridendo ironica): Probabilmente qualcuna delle sue clienti gli ha fatto piedino sotto il tavolo del tribunale e lui non si è potuto tirare indietro. Tanto nostro fratello fa sempre così: sceglie di difendere donne tristi e depresse, perché sa che in questo modo le potrà consolare.
Anna e Maria ridono.
AGATA (Meravigliata): Carla! Ma cosa dici?
CARLA: Nonna, l’hai detto prima tu che gli uomini sono tutti farfalloni!
AGATA (Indecisa): Beh… (Urlando) Gustavo, vieni che è arrivato Piero!
ANNA: Quanto a farfallonaggine, Piero è davvero un maestro! Cambia le fidanzate con la stessa frequenza con cui cambia le cravatte!
MARIA (Cercando di ricordare): Come si chiamava l’ultima che ci ha presentato?
CARLA e ANNA: Susy!
MARIA: Ah, già. Susy. (Curiosa) Ma secondo voi era il suo nome vero?
ANNA: Ma no, dai! Si sarà chiamata Susanna, però Susy è più sexy.
Le tre sorelle ridono di nuovo.
AGATA (Con voce più bassa): Smettetela. Sta uscendo dall’ascensore.
Entra Piero. È molto sorridente, ha sul braccio un impermeabile, ed in mano la ventiquattrore e una piccola busta da regalo.
PIERO: Ciao nonna. Come stai?
AGATA: Ben arrivato, tesoro. (Lo abbraccia) Io sto bene. E tu? Tutto bene al lavoro?
PIERO: Sì, sì. È tutto a posto. Si trattava solo di un incontro imprevisto.
Le tre sorelle si scambiano un’occhiata che palesemente commenta la probabile natura di quell’”incontro imprevisto”.
PIERO (Porgendo ad Agata la busta): Comunque, auguri di buon compleanno.
AGATA: Oh, grazie! (Prendendo l’impermeabile di Piero) Vieni, siediti che io vado a farti il caffé.
PIERO: Ah, grazie, nonna. Ne ho proprio bisogno.
AGATA (Uscendo, con un tono di voce progressivamente decrescente): Un giorno dovrai proprio spiegarmi come fai a non rimanere sveglio dopo averlo bevuto…
Piero va a salutare le sorelle, che si alzano per abbracciarlo.
PIERO (Affettuoso): Ciao Anna. È un po’ che non ci vediamo, vero? Tutto bene?
ANNA: Sì, tutto bene, grazie.
PIERO: E i bambini dove li hai lasciati?
ANNA: Matteo dorme e Giulia è di là con il nonno.
PIERO: Ciao Maria. Noi almeno ci vediamo per forza in tribunale.
MARIA: Già.
PIERO: E tu Carla? Come va? (Breve pausa) Ma avete per caso fatto un congresso femminista? Non vedo uomini in giro. Avete relegato perfino il povero nonno di là con Giulia!?
CARLA: Non l’abbiamo relegato! Lo sai che lui parla poco.
PIERO (Sempre sorridendo): D’altra parte, in mezzo a tante donne, ci si sente abbastanza fuori posto.
ANNA: Ma anche tu sei cresciuto in una famiglia di donne.
PIERO: Già. È per questo che continuo a circondarmene. Mi piacete. Ma non certo per parlare davanti ad una tazza di tè!
MARIA: Chissà perché ne ero certa.
Tutti ridacchiano.
Entrano Gustavo e Giulia. Giulia corre incontro allo zio e gli salta al collo abbracciandolo.
GIULIA (Molto contenta): Ciao zio!
PIERO: Ehi! Ciao pulce! (La solleva e fa un paio di giri su se stesso) Come va? Continui sempre a riempire la casa di disegni?
GIULIA: Sempre! Ne ho fatto uno anche prima. È di un castello. Lo vuoi vedere?
PIERO: Certo! Lo sai che sono il tuo più grande fan! E quando inaugureranno il tuo primo palazzo sarò in primissima fila a battere le mani.
Piero rimette Giulia a terra e lei va a prendere il disegno che ha lasciato in camera.
PIERO (Salutando Gustavo): Ciao nonno. (Si abbracciano) Oggi ti hanno proprio isolato, eh? Ma che vuoi farci? Io e te siamo sempre stati condannati ad essere emarginati in mezzo a tutti questi ormoni femminili.
Entra Agata. Ha tra le mani un piccolo vassoio con la tazzina da caffé.
AGATA: Non è affatto vero! Nessuno ha mai emarginato te e neanche il nonno. È lui che è silenzioso.
PIERO: Ma certo, nonna. Stavo scherzando.
AGATA: Ah. Bene, allora. (Breve pausa) Dai, sedetevi tutti e mangiate qualche altro dolcetto.
MARIA: Mi sa che domani peseremo tutti almeno due chili in più.
AGATA: Oh, a me non piace affatto questa moda di diventare tutti scheletrici.
MARIA: Nonna, c’è una bella differenza tra l’essere scheletrici e l’essere relativamente magri. E poi ti ho detto tante volte…
AGATA (Interrompendo Maria): Lo so, lo so. Che io non sono attendibile in materia di grassezza.
MARIA: Esatto.
AGATA: D’accordo. Però, intanto, mangiate.
Piero ride, mentre allunga la mano su un pasticcino.
Tutti si siedono sul divano, tranne Gustavo che torna alla sua poltrona. Anna, Carla e Maria sono sedute sul divano di destra, mentre Agata e Piero sono su quello di sinistra.
Poi rientra correndo Giulia. Ha in mano il disegno e va da Piero.
GIULIA (Porgendo a Piero il disegno): Guarda, zio. Ti piace?
Piero ammira per un momento il disegno.
PIERO (Sincero e sorridente): È davvero bellissimo, piccola. (Indicando il foglio) Guarda qui le torri, come sono fatte bene. Sei davvero un genio!
GIULIA (Orgogliosa): Forse.
PIERO: Certo che lo sei. Sono sicuro che da grande diventerai un architetto famoso proprio come il tuo papà… cioè come tutti e due i tuoi genitori.
GIULIA: Sì. Voglio proprio diventarlo.
Anna e Piero si scambiano un veloce sguardo un po’ imbarazzati. Maria guarda Anna, sapendo bene a cosa lei stia pensando.
ANNA (A Giulia): Tesoro, vieni qui. Ora lascia mangiare in pace lo zio.
Giulia si avvicina a sua madre.
PIERO: Ma guarda che non mi dà nessun fastidio.
ANNA (Con voce piuttosto spenta): Sì, lo so.
C’è qualche istante di silenzio imbarazzato.
Poi Agata prende la busta con il regalo di Piero.
AGATA (Entusiasmata): Che dite? Apro il regalo di Piero?
PIERO: Ah, sì. Certo comunque non è niente di che, nonna. Lo sai che io non sono bravo a fare regali.
AGATA (Affettuosa): Ma, tesoro, a me basta che voi siate qui.
Agata scarta velocemente il pacchetto e ne estrae una sciarpa azzurra.
AGATA: È una sciarpa! Che bella, Piero! (Rigirandola un po’ tra le mani) È proprio bella, grazie caro.
CARLA (Quasi ridendo): Certo, Piero, che tu hai una fantasia quanto ai regali!
PIERO (Tranquillo): No, non ce l’ho per niente, infatti. Ma lo ammetto io stesso.
AGATA: Ma a me piace la sciarpa!
CARLA: Sì, nonna. Lo so.
AGATA (A Piero, risistemando la sciarpa nella busta): Allora tesoro, hai qualche novità importante da raccontarci? Qualche bella notizia?
PIERO: Hmm, no veramente. Non c’è nulla di nuovo. Lavoro un sacco, tutto qui.
AGATA (Orgogliosa): Oh, lo so che tu lavori molto. Ma un po’ di tempo per te lo troverai pure, no?
PIERO: Beh, me lo auguro anch’io.
AGATA (Curiosa): E quella ragazza con cui ti avevo incontrato per strada qualche settimana fa? Come si chiamava?…
ANNA: Susy?
AGATA: No, non era Susy.
CARLA (Ridendo): Ah! Hai proprio un harem, allora!
AGATA: Carla!
PIERO: Credo che fosse Nancy.
MARIA (Quasi ridendo): Nancy. Ma un nome più comune, mai?
PIERO: È americana. Per loro è un nome abbastanza comune.
AGATA: Ah, sì, Nancy. Come sta? Potevi portarla con te oggi. Mi avrebbe fatto molto piacere rivederla.
PIERO: Veramente (addentando un altro dolce), non ci vediamo più.
ANNA, CARLA e MARIA (insieme): E ti pareva?!
MARIA (Abbozzando una risata): Le cambia proprio come le cravatte.
AGATA (Non ridendo affatto, anzi, con delusione): Oh, che peccato! Mi sembrava carina.
PIERO: Sì, lo era certamente. Ma sai come vanno le cose…
CARLA: Vanno che non sarai mai capace di essere monogamo, o per lo meno non a lungo.
AGATA (Rimproverandola): Carla non dire così! Sono sicura che Piero non ha ancora trovato la ragazza giusta, tutto qua. E quando la troverà anche lui mi farà diventare bisnonna come ha già fatto Anna.
Piero inizia a tossire. Si sta strozzando con un boccone di dolce.
Le tre sorelle ridono per il palese collegamento tra lo strozzamento e la prospettiva matrimoniale.
Piero prende un sorso di caffé e dopo un po’ smette di tossire.
AGATA (Alle tre sorelle che ridono): E smettetela di fare le sciocche! Sono certa che Piero lo farà presto. (Girandosi verso Piero, speranzosa) Vero?
Piero guarda sua nonna. È molto indeciso su ciò che è più opportuno risponderle.
PIERO: Beh…
AGATA (Esclama): Ah! A proposito, Carla gli hai detto della bella notizia?
PIERO (Visibilmente sollevato per non dover rispondere alla domanda sul proprio matrimonio): Quale bella notizia?
CARLA (Risfoderando il suo mega-sorriso): Beh… ieri io e Giampiero abbiamo deciso di sposarci.
PIERO (Non molto eccitato all’idea): Oh!… Beh, immagino di doverti fare le congratulazioni allora.
CARLA (Un po’ delusa da quella reazione): Di solito si fa così, sì.
PIERO (Sorridendo, più per circostanza che per convinzione): Bene, allora congratulazioni.
Piero si alza per abbracciare di nuovo Carla.
Poi tornano entrambi a sedersi.
ANNA (A Carla, leggermente stupita): Ma allora hai deciso? Sei sicura?
CARLA (Risoluta): Certo che sono sicura.
PIERO (Curioso): Perché non dovresti essere sicura, scusa?
CARLA: Ma niente. È solo che prima, per una stupida telefonata mi sono fatta venire un piccolo dubbio. Ma ormai è passato.
AGATA: Certo che sì.
ANNA: Se credi che sia le decisione giusta…
CARLA (Leggermente scontrosa): Sì, Carla. Sono sicura che lo sia. E ora puoi smetterla, per favore?
ANNA (Alzando le mani in segno di resa): Ok.
Breve silenzio.
PIERO: Ma quando le donne si ritrovano da sole non fanno che parlare di uomini e di matrimoni?
ANNA, CARLA e AGATA: Sì.
PIERO (Quasi ridendo): Noto che Maria non è d’accordo.
CARLA (Alzando appena le spalle): Certo che non è d’accordo. Lo sai come la pensa.
PIERO: Sì. In effetti lo so.
Piero strizza un occhio a Maria e lei gli sorride appena.
CARLA (A Piero): Pensa che perfino oggi ha provato a convincerci di quella sua stupida teoria che il matrimonio andrebbe abolito. Sai, quella su cui aveva scritto quel saggio all’università?
PIERO (Dopo qualche istante di riflessione): Ah, sì. Mi ricordo.
MARIA: Guarda, Carla, che io non voglio convincere nessuno. Dico solo la mia idea. Siete voi, casomai, a volermi convincere delle gioie della vita matrimoniale.
PIERO: Comunque, se devo dire la verità, non trovo del tutto sbagliato quello che dice Maria.
Anna, Carla ed Agata guardano esterrefatte Piero.
PIERO (Meno sicuro di prima): Voglio dire che, da un punto di vista strettamente giuridico, non ha tutti i torti. In effetti il matrimonio è nato come una sorta di contratto di compravendita presso i Romani, perché le donne ovviamente non contavano nulla. Erano equiparate giuridicamente ai figli e agli schiavi. Quindi, Maria ha ragione a dire che quel presupposto originario è venuto meno nei Paesi che riconoscono l’uguaglianza tra i due sessi.
ANNA (Molto incredula): Vuoi dire che anche tu credi che l’istituto giuridico del matrimonio andrebbe eliminato?
PIERO: No. (Indeciso) O meglio, non lo so. Non ne sono sicuro. Però concordo sul fatto ovvio che quella disuguaglianza oggi è venuta meno, quindi ciò obbliga, quantomeno, a riconsiderare la funzione dell’istituto giuridico.
CARLA (Senza ironia): Maria, queste tue malattie sono addirittura infettive!
AGATA: Carla!
MARIA: Andiamo bene! Ora sono diventata un virus!
PIERO: Guarda che non c’entra nessun virus. Facevo solo un ragionamento.
CARLA: Già. Ma ti sarebbe mai venuto in mente se Maria non te l’avesse suggerito?
Piero esita un attimo, ma la risposta è ovvia.
PIERO: Beh, forse no.
CARLA: Visto?
PIERO: Ma ciò non toglie che abbia un suo senso.
AGATA (A Piero, visibilmente preoccupata): Ma tu ti vuoi sposare, un giorno. Vero?
Piero esita parecchio stavolta. Si guarda in giro come per cercare un aiuto o una via d’uscita. Poi si rassegna a non trovarla.
PIERO (Cercando di essere convincente, solo per chiudere l’argomento): Ma certo, nonna. Prima o poi.
AGATA (Molto sollevata): Oh!
CARLA: Vedi, Maria? Sei rimasta da sola a pensare quelle sciocchezze.
MARIA (Alzando le spalle): E vabbè. Meglio soli che male accompagnati.
AGATA: Ma no, Carla. Ti ho già detto che sono sicura che anche Maria cambierà idea.
MARIA: Perché ci sono delle cose che le donne non possono non volere, giusto?
AGATA: Giusto.
Maria annuisce, ma ovviamente non concorda con quell’idea.
C’è qualche secondo di silenzio.
Poi Maria si alza.
MARIA (A Gustavo): Nonno, dovrei consultare alcuni libri. Posso controllare se tu li hai di là?
Gustavo annuisce contento e fa cenno a Maria di approfittare liberamente delle librerie alle sue spalle.
MARIA: Grazie.
Maria si dirige verso l’altra parte della stanza. Gli altri la seguono con lo sguardo mentre esce.
Le luci si abbassano e c’è qualche secondo di buio.
Poi le luci si riaccendono solo sulla parte destra del palco, dove Maria sta consultando dei libri. Ne prende un paio, li sfoglia, li poggia sul tavolo alle sue spalle. Sposta lo sguardo da uno scaffale all’altro. Trascorre così poco meno di un minuto.
Poi arriva Gustavo.
GUSTAVO (Sorridendo ironico): Hai abbandonato il campo di battaglia, eh?!
MARIA (Per nulla ironica): Beh, ho pensato fosse il caso di farlo, prima che la battaglia diventasse una guerra.
Gustavo si avvicina a Maria, la abbraccia e le dà un bacio sulla fronte. Lei ricambia con affetto l’abbraccio.
GUSTAVO: È stato un pomeriggio impegnativo, mi sa.
MARIA: Non per te. O stavi buono sulla tua poltrona o ti addormentavi in camera con Giulia e “La bella e la bestia”.
GUSTAVO (Sorridendo): Tesoro, per un uomo non è molto divertente partecipare ad un congresso femminile.
MARIA: Già. (Con voce abbastanza delusa) Femminile ma non femminista.
GUSTAVO (Annuendo): Ho sentito, ho sentito. A quanto pare, fai sempre di tutto per distinguerti dalla massa.
MARIA: Faccio male?
GUSTAVO: Ovviamente no, anzi. Infatti lo dicevo in segno di apprezzamento.
Maria riflette per un istante, continuando a sfogliare un libro.
MARIA: Vedi? È proprio questo il punto: io ammetto tranquillamente che la si possa pensare diversamente da me, ma raramente trovo chi ammette che io sia libera di pensare ciò che penso. Mi sento sempre dire che ho torto e che cambierò idea. (Abbastanza irritata) Ma perché sono solo io a dover cambiare idea?
GUSTAVO (Allargando le braccia): Perché viviamo in un mondo governato dalla maggioranza.
MARIA: Quindi, anche secondo te, sarò io prima o poi a cambiare idea?
GUSTAVO (Dopo un istante, sorridendo): Sarei estremamente deluso se lo facessi.
Maria sorride.
Trascorrono alcuni secondi in silenzio.
MARIA: Nonno, posso domandarti una cosa?
GUSTAVO: Certo che sì, tesoro.
MARIA: È stato difficile vivere in una famiglia piena di donne per te?
GUSTAVO (Ironico): Beh, diciamo che ho dovuto allearmi con Piero per sopravvivere all’odore costante di profumo.
Ridono entrambi.
GUSTAVO: Scherzo, naturalmente. (Serio) È stato inaspettato, innanzitutto. Di certo, io e tua nonna non ci aspettavamo di dovervi crescere tutti e quattro, ma poi… quando c’è stato l’incidente, non ci abbiamo pensato un attimo. (Pausa) Da quel momento in poi, diciamo che ho imparato giorno dopo giorno a fare il nonno-genitore di un sacco di donne, ma non è stato affatto spiacevole. Sicuramente ho imparato che donne e uomini hanno modi di pensare e di vedere la vita assolutamente diversi.
MARIA: Per questo è così difficile far durare una relazione.
GUSTAVO: Sì, credo anch’io. Quando si è in due a decidere, è inevitabile scontrarsi. Anche io e tua nonna abbiamo litigato tante volte in più di cinquant’anni di matrimonio, ma poi se si vuole trovare una soluzione io credo che ci sia sempre il modo.
MARIA: Ma tu, nonno, non parli mai. È sempre la nonna a decidere tutto.
GUSTAVO: È vero, sicuramente è sempre stata lei a portare i pantaloni in questa casa.
MARIA: E a te va bene?
GUSTAVO: Diciamo che mi ci sono abituato. Tua nonna non lo fa per cattiveria. È sempre stata una matrona che deve avere tutto sotto controllo.
MARIA (Incerta): Ma tu ti sei mai pentito…? Hai mai pensato di ribellarti a…?
GUSTAVO (Sorridendo tranquillo): A dir la verità, tante volte mi è capitato di arrabbiarmi per questo, soprattutto in passato, quando, come dici giustamente tu, erano solo gli uomini a decidere tutto. Ma poi ci ho fatto l’abitudine. So che lei è fatta così e lo sapevo anche quando l’ho sposata. (Alzando le spalle) Ma mi piaceva.
Maria guarda Gustavo con un’espressione interrogativa, incredula e curiosa.
GUSTAVO: Come faceva a piacermi?
Maria annuisce.
GUSTAVO: Beh, innanzitutto era una bellissima ragazza, e, come sai, soprattutto per noi uomini l’occhio vuole la sua parte. (Breve pausa) Una grande parte, in verità. Ma poi, devo confessarti, che in un’epoca in cui le donne erano timide e remissive, mi colpì questa ragazza che invece dimostrava di essere molto decisa e forte, anche se continuava a sostenere le idee tradizionali sulla famiglia e sul matrimonio.
MARIA (Più curiosa che incredula): Davvero? Ti piaceva proprio questo?
GUSTAVO: È incredibile? Ebbene sì, mi colpiva e mi affascinava. (Pausa) Forse è proprio per questo che mi sono innamorato di lei.
MARIA: E poi?
GUSTAVO: E poi ci siamo sposati e siamo ancora qui.
MARIA: Certo. Ma volevo dire, poi, nel corso degli anni, non ti sei mai stancato?
GUSTAVO: Certo, tesoro. Tante volte. Dopotutto, anche se appaio sempre molto serafico, sono anch’io un essere umano e sono un uomo. Ma quando mi sono sposato io, si sapeva che il matrimonio sarebbe durato per sempre, qualsiasi cosa fosse successa. Quindi non poteva essere altrimenti.
MARIA: Quindi tu non te ne penti.
GUSTAVO: No, tesoro. A volte è difficile. (Breve pausa) A volte è molto difficile. Ma ti assicuro che abbiamo avuto anche dei momenti molto belli. E poi… sai, è vero che il dolore o separa o unisce di più, e quando è morta tua madre, io e lei ci siamo ritrovati vicini e uniti come forse non lo eravamo mai stati. Io credo che dopo aver sopportato un’esperienza così tragica e averla superata insieme non ci si può più lasciare, comunque vadano poi le cose.
MARIA: Forse hai ragione su questo.
C’è un momento di silenzio riflessivo.
Poi Maria prende un altro libro e inizia a leggerne le prime pagine.
GUSTAVO: Cercavi qualcosa di particolare?
MARIA: In effetti sì. Sto scrivendo un saggio su come e quanto il diritto abbia influito e continui ad influire sulla storia e sulla vita delle donne, e volevo vedere se in questo tuo mondo dei libri c’era qualcosa che mi può essere utile.
GUSTAVO: Anche lavorando continui a scrivere, eh?
MARIA: Sì. Ormai non riesco a farne a meno. Quando mi viene in mente un’idea o una riflessione particolare sento il bisogno di scriverla per commentarla. (Alzando le spalle) Non so perché.
GUSTAVO (Cercando qualcosa in alcuni scaffali): Non credo ci sia un perché. Io penso che quello della scrittura sia una specie di dono innato che o hai o non hai. Per quanto si possa imparare a scrivere, un po’ devi avercelo nel sangue.
MARIA (Annuendo): Sì, anch’io credo che sia così.
GUSTAVO: Comunque, scegli sempre argomenti semplici. Prima il matrimonio, ora tutta la storia del diritto al femminile…
MARIA (Sorridendo, con un filo d’ironia): Lo sai che io mi complico sempre la vita da sola.
GUSTAVO (Anche lui sorride): Già. Anche quello ce l’hai nel sangue.
MARIA: A volte, infatti, penso che dovrei farmi una bella depurazione sanguigna. Chissà se in quel modo riuscirei a smettere di sentirmi un’aliena sbarcata per caso su questo pianeta.
GUSTAVO: Beh, se davvero sei un’aliena, io sono contento che tu sia sbarcata su questo pianeta.
Maria dà un bacio sulla guancia a Gustavo, in segno di affetto e di ringraziamento.
GUSTAVO (Prendendo quattro o cinque libri e porgendoli a Maria): Tieni. Questi credo che ti potrebbero essere utili.
MARIA (Leggendo le copertine): Appunto, tanto per rimanere sul tema della serata. “La sposa obbediente”, “La donna esclusa”, “La schiavitù delle donne”… Siamo state trattate proprio bene, eh?
GUSTAVO (Sentendosi quasi in colpa): Già. Proprio bene.
MARIA: Ma tu le pensavi tutte queste cose, nonno? Pensavi davvero che le donne dovessero solo stare in casa a crescere i figli e che non potessero e dovessero aspirare a null’altro?
Gustavo riflette per pochi istanti.
GUSTAVO: Francamente, all’inizio sì. Ma era normale, tutti la pensavano così. Poi, però, devo dire che quando iniziarono ad esserci i primi successi delle rivendicazioni femministe, cominciai a pensare che sarebbe stato un passo positivo per le donne, ma anche per tutta la società. Non credo sia giusto escludere a priori una possibilità. Credo invece che ognuno debba essere lasciato assolutamente libero di scegliere la propria strada, tanto gli uomini, quanto le donne.
MARIA: La nonna, però, non ha mai lavorato fuori casa.
GUSTAVO: È stata una sua scelta. Io non mi sarei di certo opposto se avesse deciso altrimenti, te lo assicuro. Non foss’altro perché quando siete venuti a vivere con noi, qualche soldo in più di certo non ci sarebbe dispiaciuto. Ma tua nonna è sempre rimasta convinta che il lavoro delle donne sia solo quello di casa.
Mentre Maria parla, inizia basso in sottofondo lo stesso tema musicale del Lago dei cigni che si era sentito all’inizio. Accompagnerà le ultime battute, crescendo progressivamente fino ai due accordi finali.
MARIA (La sua voce inizia abbattuta, ma poi diventa sempre più irritata): Mi dispiace, ma io davvero non capisco come si possa approvare questo modo di pensare. Le femministe di inizio secolo ce l’hanno messa tutta per far riconoscere ai Parlamenti i diritti di uguaglianza delle donne, ma poi, dopo qualche anno, le stesse donne che dovrebbero beneficiare dei risultati delle loro lotte, hanno deciso di rinunciarci. Viviamo nel 2009 e mia sorella, un architetto di successo, ha mollato il lavoro che adora per avere due figli. Carla, invece, ha esultato più per un anello con diamante al dito che per il primo scoop che fece per il suo giornale e che le valse anche non ricordo quale premio. Come se non bastasse, continua ad esultare per il proprio matrimonio anche se ha il dubbio che il suo promesso sposo la tradisca e la certezza che lo ha già fatto in passato. Mio fratello, invece, non si fa problemi a cambiare le donne con la stessa frequenza con cui cambia le cravatte, ma senza creare troppo scandalo perché, dopotutto, si sa che gli uomini sono tutti un po’ “farfalloni”. Ed invece io creo scandalo, senza andare a letto con nessuno di strano, senza commettere reati, senza drogarmi o ubriacarmi, ma solo perché mi permetto di dire che non ho nessuna intenzione di sposarmi e di avere figli, finendo per dedicare tutta la mia vita a star dietro a dei marmocchi urlanti, e a far trovare la cena in tavola ad un uomo la cui massima aspirazione è spaparanzarsi sul divano la domenica per vedere la partita in santa pace. È tutto così paradossale!
Qualche secondo di silenzio, per far sedimentare le parole di Maria. Intanto la musica continua a crescere.
GUSTAVO: In pratica hai appena fatto l’introduzione del tuo saggio.
MARIA (Sorridendo): Giusto. Peccato che non l’ho scritta.
GUSTAVO: Beh, non credo sia tanto facile da dimenticare.
MARIA (Cita un passo del libro che ha in mano [4]) Senti qui: “È giunta l’ora di dare inizio a una rivoluzione nei costumi delle donne, è giunta l’ora di recuperare la dignità perduta, e far sì che esse, in quanto parte della specie umana, si adoperino per riformare se stesse e per riformare il mondo”. (Pausa. Poi, con un piccolo sospiro) Non ti sembra incredibile che questa frase sia ancora così tanto attuale, anche se Mary Wollstonecraft l’ha scritta nel 1792?
Le luci si abbassano, mentre gli ultimi due accordi del brano musicale chiudono la rappresentazione.
[1] Professoressa Cindy Hazan, Cornell University, New York.
[2]A. Pearson, Ma come fa a fare tutto? (Vita impossibile di una mamma che lavora), Mondadori, 2003, Ed. orig. I don’t know how she does it, 2002.
[3] Nicole Avril, Sissi. Vita e leggenda di un’imperatrice, Mondadori, Milano, 1994, Titolo orig. L’Impératrice.
[4] Mary Wollstonecraft, Sui diritti delle donne, Bur, 2008, p. 67, Ed. orig. A Vindication of the Rights of Woman, 1792.
Maria Dell’Anno
Maria Falchi – per l’anagrafe Maria Dell’Anno – è nata venticinque anni fa. Dipendente comunale per caso e scrittrice per passione, vive e lavora nella piccola Ferrara, tra le bellezze degli Estensi e la nebbia del Po’. Trascorre il tempo libero leggendo libri scritti da altri, e mettendo nero su bianco le proprie idee. Scrive articoli e saggi, recensioni di film e libri per alcune testate cartacee e telematiche.
Ha inoltre scritto un romanzo (inedito) intitolato “Quando il passato ritorna”, e una sceneggiatura teatrale, intitolata “What women are supposed to want (Quello che le donne non possono non volere)”. Con i suoi racconti ha vinto numerosi concorsi letterari dedicati alla narrativa.