Narrativa – Premio Letterario Internazionale Merano-Europa – Seconda Edizione – 1997
Achille Regazzoni
Missione pericolosa
Il caporale, piuttosto goffo e allampanato nella sua uniforme da libera uscita che nascondeva parecchi rammendi (erano tempi duri e la sartoria militare doveva fare miracoli, con i pochi mezzi che aveva a disposizione…), aveva appena finito di impomatarsi i superbi mustacchi e ora si accingeva a dare un’ultima lucidata agli stivaloni, che pure sembravano tirati a specchio. Pensava, tutto contento, ai tre giorni di licenza che lo aspettavano. Tre giorni meravigliosi, tutti da trascorrere con Angelica, la stupenda Geli con la sua voce dolcissima e sensuale, con quegli occhioni azzurri in cui ci si sarebbe potuti affogare.
Era proprio innamorato e gli passò per la mente in quel momento che, chissà perché, ciò che lo eccitava maggiormente di Geli era il gesto di portare la mano alla bocca quando rideva. Liquidò come una stupidaggine quello strano pensiero e iniziò a strofinare di buona lena gli stivaloni che aveva già indossato, mentre dalla finestra aperta giungeva la voce del sergente maggiore che nel cortile sbraitava contro alcune reclute. Non aveva fatto in tempo ad impugnare la maniglia del borsone che un soldato della guardia giunse trafelato alla porta della sua stanzetta e, senza nemmeno salutarlo, gli disse veloce che l’aiutante maggiore lo voleva nel suo ufficio con una certa urgenza.
“Rogne, di sicuro sono rogne” pensava il caporale mentre correva dove lo avevano chiamato. Si fece un rapido esame di coscienza per capire se nell’ultima settimana aveva commesso qualcosa che meritasse una punizione, ma si tranquillizzò. Due giorni prima, in effetti, c’era stata allo spaccio un’animata discussione tra soldati di opposte tendenze politiche, ma lui aveva avuto il buon senso di filarsela quando quel bestione della terza compagnia, mezzo ubriaco, aveva iniziato a sventolare sedie. No, di certo i superiori non avevano neppure preso nota di quella cosuccia da niente. E poi le discussioni politiche, un tempo punite con estremo rigore, venivano ora addirittura favorite dagli ufficiali, i quali ci tenevano a mostrare come si era democratizzato l’esercito.
Pure quell’imbecille del tenente di amministrazione, lo stesso che aveva fatto sbattere in cella un soldatino che era passato di fronte al ritratto di Luigi III senza salutare, ora era il più democratico e repubblicano di tutti, a momenti si faceva chiamare “compagno tenente”! Col fiatone giunse alla porta dell’ufficio, che una sentinella dalla barba non rasata gli aprì subito, evidentemente era in attesa del suo arrivo. Entrò e fece per mettersi sull’attenti, ma l’ufficiale lo prevenne. “Comodo, caporale, stia comodo!” gli disse con una cert’aria tra l’affabile ed il complice, quella che di solito precedeva le fregature.
“Purtroppo mi trovo costretto ad annullarLe la licenza” esordì l’ufficiale ed il caporale fece una piccola smorfia di disappunto, pensando a Geli che l’avrebbe aspettato inutilmente. “Ho bisogno di Lei” continuò “per una missione importante e delicata, ma entro domani tutto sarà finito e Lei riceverà non più tre, bensì quattro giorni di licenza. Succede che i servizi di sicurezza sono a corto di uomini e allora hanno chiesto una mano al nostro Reggimento, come potevo dirgli di no?”.
Si interruppe per pulire con la manica della giubba il vetro della fotografia con dedica incorniciata al posto d’onore della sua scrivania. Si trattava di una celebre cantante di varietà, l’amante dell’aiutante maggiore, dopo esserlo stata del comandante di reggimento, evidentemente era una che provava il fascino della divisa, pensò ironicamente il caporale. Alle spalle dell’ufficiale un riquadrato più chiaro indicava il posto dove stava il ritratto di Re Luigi, una volta amato da tutti, mentre al momento del ribaltone nessuno avevo mosso un dito per difenderlo, neppure tutti quegli uomini in divisa che gli avevano giurato fedeltà eterna.
Chissà, forse si trattava di una fedeltà come quella giurata dalla cantante di varietà, prima al colonnello e poi all’aiutante maggiore e poi chissà a quanti altri… “Si tratta” proseguì l’ufficiale mostrandogli un foglietto “di andare ad una riunione di partito che si terrà stasera a questo indirizzo e di fare una relazione che mi consegnerà entro domani a mezzogiorno. Andrà in borghese e disarmato. Le sottolineo, anche se con Lei è inutile, di non dare troppa confidenza a chicchessia e di non intervenire ad alcuna discussione o dibattito.
Ascolti molto attentamente e raccolga un po’ di materiale di propaganda da allegare alla relazione che farà. Intanto Le do questa cartellina che hanno preparato i servizi di sicurezza. Qui i partiti spuntano come funghi e non fanno in tempo a controllarli tutti. Non so se questi sono pericolosi. Matti lo sono di certo, con tutti questi slogan contro gli ebrei che non fanno parte del nostro popolo e che ci hanno condotto alla sconfitta. Avrebbero dovuto vedere, come ho visto io, il sottotenente Goldberg cadere sotto il fuoco nemico mentre guidava all’assalto i suoi uomini…
Sa, il figlio del dottor Goldberg, quello che una volta dirigeva l’ospedale militare centrale… Va be’, forse non sono pericolosi, ma pensi un po’ se tutti questi movimenti estremisti trovassero un capo carismatico disposto a guidarli, allora sì che la situazione si farebbe brutta! Ma, per fortuna, questo capo non c’è e all’orizzonte ancora non si vede…” Un capo, ci vuole un capo, pensò il graduato che gli stava di fronte. Ed un inquietante lampo balenò attraverso i suoi occhi profondi, tanto che l’ufficiale si sentì a disagio e ammutolì. Si riscosse subito e, porgendogli la cartellina, lo congedò con un’ultima raccomandazione: “I nostri superiori si attendono molto da questa missione. Mi ha compreso bene, caporale Hitler?”.